L’inferno in fabbrica «Operai fermatevi se c’è troppo caldo»

BELLUNO. Caronte scatena l’inferno in fabbrica: termometri anche a 42 gradi in alcuni siti metalmeccanici, quando va bene la colonnina si ferma a 35. Nei reparti fonderie, presse e pressofusioni di Pandolfo e Sapa ne sanno qualcosa. Giornate infernali senza i giusti rimedi. Altrove, negli impianti più “freschi” si arriva a 30. I più fortunati lavorano in fabbriche dove i condizionatori ci sono, ma servono a raffreddare le macchine. Qualcuno ha anche accusato malori o colpi di caldo, pur non essendoci state segnalazioni preoccupanti, ma con l’impietoso meteo di questi giorni urgono ventilatori, condizionatori e acqua fresca.
Le aziende si attrezzino, tuona la Fiom. Alcune per la verità lo hanno già fatto: ci sono imprenditori che hanno firmato accordi con le rsu per raddoppiare le pause, c’è chi addirittura ha fornito frutta ai dipendenti (il caso di una aziendina metalmeccanica con pochi dipendenti); altri gruppi hanno spostato le lavorazioni più pesanti nelle ore più “fresche” della giornata. In altre sono invece comparse sulle bacheche comunicazioni perentorie, a uso e consumo dei dipendenti: prima di svenire per il caldo, ci si ferma, si esce e poi si riprende.
A suonare la carica è Luca Zuccolotto, segretario provinciale della Fiom Cgil: la linea dello sciopero “non paga”, quella degli accordi e delle sospensioni brevi in linea, sì.
Di incrociare le braccia per protesta per ora non se ne parla: «La fabbrica deve essere un luogo salubre per quanto possibile: non è giusto perdere soldi in scioperi, quando non ci sono le condizioni adeguate e giuste per poter svolgere le proprie mansioni. Non si può lavorare in emergenza: ci sono macchinari che alzano le temperature anche oltre i 40 gradi. In questi casi, se non dovessero esserci altre possibilità e se la sensibilità aziendale dovesse latitare, ci si ferma, si esce per il tempo che serve e si torna in fabbrica quando le condizioni sono migliorate».
L’appello agli imprenditori è a prendersi per tempo, per il prossimo anno ormai: vai di condizionatori e ventilatori. Per l’estate torrida di questi giorni, invece, dove non erano state preventivate soluzioni, bisognerà cercare di risolvere i problemi. «I lavoratori devono sempre operare in termini di sicurezza. Ci sono casi dove abbiamo siglato intese, ma c'è anche chi non vuole risolvere il problema. Ci sono aziende che portano frutta, sali minerali, acqua e bevande per dare ristoro, c’è chi ha fornito i ventilatori: c'è questa delicatezza. In Clima Veneta l'azienda ha raddoppiato la pausa da dieci minuti a venti, in attesa che arrivino vestiario estivo e condizionatori. Ci vuole un po’ di buon senso e far prendere boccate d'aria agli operai quando le condizioni si fanno impossibili», continua Zuccolotto, «Stiamo cercando di mettere in atto anche i protocolli, ma se serve dobbiamo assumerci noi la responsabilità di dire ai lavoratori di fermarsi 10 minuti di più piuttosto che accusare malori. Purtroppo non ci sono delegati in tutte le fabbriche».
Per tutti valga l’esempio della Procond di Longarone, dove le rsu hanno affisso una nota per i lavoratori. Nell’azienda c’è una questione di camici particolari da usare per problemi di elettrostaticità: negata la possibilità di toglierlo e in assenza di soluzioni, è comparso un foglio A4 in cui le rsu invitano i lavoratori a fermarsi se le temperature interne dovessero diventare proibitive: «Si va fuori, si prende aria e si rientra», sintetizza Zuccolotto, «Ma prepariamoci per il prossimo anno: se si devono comprare i ventilatori o mettere condizionatori, ci si muova adesso».
Quanto all’odierno Caronte e i suoi picchi, «Le aziende mettano via un po’ di profitto e mettano a disposizione acqua minerale e rimedi». Gratuiti.
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