L'imputato si difende: «Non era coca, spacciavo bicarbonato»

ALANO DI PIAVE. Non era cocaina. Secondo lui, quelle che spacciava a Fener e dintorni erano dosi di bicarbonato e aspirina polverizzata. I suoi clienti non sarebbero stati in grado di accorgersene e soprattutto risparmiavano dei soldi. Eppure Arcenio Ramirez Rejes è a processo per detenzione di un quantitativo consistente di droga e vendita al dettaglio a un certo numero di consumatori. Sono quattro quelli conosciuti dalla procura della Repubblica e, naturalmente, non potevano denunciare il loro fornitore per truffa o frode in commercio. Doveva essere polvere illegale e non per una digestione più veloce o per far passare il mal di testa.
Difeso dall’avvocato Paolo Serrangeli, Ramirez ha 48 anni, è dominicano e ha una famiglia numerosa. Tante bocche da sfamare: «Sono in Italia da 13 anni e non ho mai spacciato cocaina», garantisce con la sua inflessione caraibica, «ma ero rimasto senza lavoro e, con otto figli, ho dovuto inventarmi qualcosa. Frequentavo un posto in cui c’erano dei consumatori abituali di sostanze stupefacenti e ho pensato che avrei potuto guadagnare qualcosa con loro. Non avrei mai saputo dove procurarmi della coca e allora mi sono industriato, utilizzando del bicarbonato e polverizzando delle pastiglie a casa. In questo modo ho potuto praticare dei prezzi molto favorevoli, senza che questi sapessero di sniffare qualcosa di assolutamente legale».
L’imputato si è trovato nei guai nell’agosto dell’anno scorso, nell’ambito dell’operazione antidroga “Coca & Samba”. Il Nucleo operativo dei carabinieri di Feltre aveva eseguito 28 perquisizioni in altrettante abitazioni, su mandato della procura della Repubblica, alla ricerca di cocaina: «Non hanno trovato niente a casa mia e non potevano trovare niente, perché non c’entro con la droga. So che i carabinieri hanno rinvenuto un etto di hashish sulle rive del torrente Tegorzo, ma non ho niente a che spartire nemmeno con quello. Sono innocente e assolutamente sicuro che riusciremo a dimostrarlo».
Le attenzioni dei militari si erano concentrate su un certo numero di cittadini latinoamericani, tra i quali Ramirez. L’uomo è stato rinviato a giudizio per detenzione di non modiche quantità di coca e spaccio a questi quattro clienti. L’altro giorno c’è stata l’udienza di smistamento. Rinvio al 10 giugno: «Dopo aver lavorato in una ditta di disgaggi, il cantiere è chiuso e adesso stavo facendo lavoretti saltuari. Questa accusa mi sta provocando grandi problemi, perché anche in questi giorni stanno saltando dei colloqui. Mi sento abbandonato, oltre che innocente, ma i testimoni della difesa sapranno smontare l’accusa, dimostrando che sminuzzavo le pastiglie a casa, per farne delle dosi. Ma non era e non poteva essere cocaina. Parlo per me, naturalmente».
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