L’Eur, il quartiere rimasto dopo lo stop all’iniziativa
Quasi sempre nella storia degli Expo i luoghi utilizzati seguono destini diversi dalla manifestazione. L’E42 – l’Expo che doveva esaltare l’Italia fascista e che non si è mai fatta per l’ovvio motivo che nel 1942 si era in piena seconda guerra mondiale – ha lasciato comunque a Roma addirittura un quartiere nuovo, tutto intero: l’Eur. Costato tantissimo, con relative ruberie, ha lasciato però non solo strade e fognature ma monumenti colossali e di pregio come il famoso Colosseo quadrato.
Un altro storico successo fu il Crystal Palace della prima Expo, quella di Londra del 1851. Durò più di ottant’anni e esisterebbe ancora se non fosse stato distrutto per un incendio negli anni Trenta del secolo scorso. Per la verità quell’Expo fu un autentico trionfo e il suo simbolo non poteva non durare.
Per non parlare di quello che è il supremo successo di un riutilizzo di un’opera per un Expo: la Tour Eiffel. Costruita per la manifestazione del 1889 di Parigi doveva essere demolita dopo pochi mesi invece è diventata il simbolo stesso di Parigi e della Francia e oggi se qualcuno proponesse di buttarla giù verrebbe lapidato sulla pubblica piazza e non solo in Francia.
Poi ci sono almeno due altri esempi di opere straordinarie rimaste a prescindere dall’Expo cui erano collegate. Uno è certamente è il Traforo del Sempione della manifestazione milanese del 1906 che permise niente meno che il collegamento ferroviario tra Milano e Parigi. E anche l’Expo di per sé ebbe un discreto successo dato che ebbe cinque milioni e mezzo di visitatori.
Un altro simbolo rimasto ancor oggi è l’Atomium della fiera di Bruxelles del 1958, con la sua esaltazione della modernità: l’Atomium è quella costruzione d’acciaio che rappresenta i nove atomi di un cristallo di ferro. Con il monumento è sopravvissuto anche il parco intorno.
Ma ci sono anche discreti disastri, magari dopo manifestazioni di grande successo. Un esempio è quella di Siviglia 1992 che aveva come tema le scoperte. Attrae 41 milioni di visitatori ma con costi esorbitanti e la creazione di un quartiere che avrebbe dovuto diventare una Silicon Valley della Spagna: fu un autentico disastro. Nel 1993 la presunta Silicon valley era un cimitero di erbacce e padiglioni cadenti. Poi un po’ di recupero c’è stato ma in modo disomogeneo. Il suo creatore, però, Vicente Gonzales Loscertales è diventato addirittura presidente del Bureau international des Expositions.
Dopo l’Expo 1998 di Lisbona qualche padiglione è stato riutilizzato ma alcuni edifici, come il padiglione di Siza, sono rimasti inutilizzati, con un enorme spreco.
Un caso a sé è quello di Hannover 2000. Doveva essere l’Expo del nuovo millennio e quello che esaltava la riunificazione della Germania. I tedeschi ci spendono così tanto che, anche sbagliando, realizzano per la città un terzo aeroporto, nuove strade e nuove linee di tram. Roba che resta.
Ma alla fiera arriva la metà dei visitatori previsti e quasi tutti tedeschi. Quindi le cose non vanno bene. Ma con un tipico paradosso teutonico questa Expo fissa i princìpi di Hannover, principi di rispetto ambientale e sostenibilità, anche successiva, dei padiglioni.
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