Le toghe piangono Gianfranco Tandura «Maestro dei giovani e uomo combattivo»

L’avvocato aveva 84 anni e soffriva di un male incurabile L’ultimo saluto sarà con una cerimonia in forma privata



Lacrime in tribunale, quando se n’è andato. La notizia della morte dell’avvocato Gianfranco Tandura, che tutti conoscevano e apprezzavano come il «vecio Tandura», è arrivata ieri mattina a palazzo di giustizia dall’ospedale Santa Maria del Prato, dove era ricoverato da qualche giorno per un male incurabile. Fino a tre settimane fa, uno dei legali di maggior prestigio ed esperienza del Foro di Belluno aveva guidato con il solito temperamento lo studio legale Tandura Fiori di Feltre, poi un improvviso malessere, la scoperta di essere malato e nessuna voglia di morire, alla fine di una lunga agonia. Ha fatto presto, proprio come voleva.

Gianfranco Tandura aveva 84 anni e lascia la moglie Letizia e i figli avvocati Tullio e Piero, che manderanno avanti lo studio in prima persona con una grande eredità di conoscenze. Non ci sarà un funerale, ma una cerimonia in forma privata con i familiari e gli amici più stretti: questa era la sua volontà.

Intanto, dolore e cordoglio da parte di tutti coloro che operano nell’ambito della giustizia: «È una scomparsa molto grave per noi», sottolinea Erminio Mazzucco, il presidente dell’Ordine degli Avvocati, «perdiamo una persona unica e raffinata, oltre che un collega colto, preparato e appassionato della professione. Ci sentiamo profondamente addolorati per la sua morte e siamo vicini ai figli, alla moglie e alla famiglia».

A prima vista Franco Tandura poteva sembrare un po’ brusco, ma era simpatico, gagliardo e combattivo, sia fuori che dentro le aule dei tribunali. Era nato a Lamon nel 1935 e, dopo aver conseguito la maturità classica, si era laureato in Giurisprudenza all’università di Ferrara. Avvocato dal 1963, aveva fondato l’Associazione professionale Tandura - Fiori insieme al collega Matteo Fiori. Vicepretore onorario alla Pretura di Feltre dal 1964 al 1972, era stato consigliere di amministrazione dell’Ente ospedaliero feltrino Santa Maria del Prato, durante gli anni Settanta, oltre che componente del Comitato regionale di Controllo, sezione di Belluno, per due mandati negli anni Novanta. Tra il 2001 e il 2005, era stato presidente della Camera penale “Odorico Larese“ e, nel biennio 2008-2009, dell’Ordine degli Avvocati di Belluno. Cassazionista dal 1977, era iscritto all’Albo docenti di materie giuridiche della Scuola superiore dell’Amministrazione dell’Interno.

Generazioni di futuri avvocati si sono formati con i suoi insegnamenti e vedendolo impegnato in difese anche molto importanti: «È stato un grande maestro, oltre che un gentiluomo di altri tempi», rimarca l’avvocato Roberta Resenterra, che è a sua volta originaria di Lamon, «posso dire di aver imparato davvero tutto da lui e credo di poter interpretare il pensiero di tante altre toghe, che hanno avuto la mia stessa fortuna di poterlo conoscere. La stima nei suoi confronti è sempre stata straordinaria ed è rimasta tale e quale anche dopo che mi sono messa in proprio e ho aperto un mio studio. Era una persona splendida. Mi ricordo che, accanto alla sua scrivania personale, c’era una bacheca con i suoi processi più impegnativi. Occasioni per apprendere fino in fondo i segreti della nostra professione. Mancherà a tutti noi». —



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