Le strategie contro lo spopolamento: migliorare le strade e potenziare il turismo

I sindaci combattono per arginare l’emorragia di abitanti. De Pellegrin (Zoldo): «Servono politiche ad hoc per la montagna»



Questione di comodità. Ma anche di costi, perché vivere in montagna, si sa, comporta qualche sacrificio. Gli amministratori conoscono bene i dati sullo spopolamento delle terre in cui vivono. Ultimo baluardo delle istituzioni, combattono una battaglia quotidiana per garantire servizi, aiutare le famiglie, per creare le condizioni per riuscire a vivere in montagna. Soffre l’Agordino. Soffre ancora di più il Comelico. Si spopola la Val di Zoldo. I residenti scendono in pianura, e fra vent’anni, come illustra l’analisi condotta dall’ufficio statistico della Provincia, si rischia che interi paesi siano disabitati.

Agordino

Dal 1991 Gosaldo ha perso il 43,27% della popolazione. San Tomaso il 30,92%, Colle Santa Lucia quasi un quarto dei residenti. Anche Falcade, rinomata località turistica, soffre: dal 1991 ha perso 415 abitanti. «Sono tantissimi», commenta il sindaco, Michele Costa. «Le ragioni sono le stesse di tutta la montagna, ma forse c’è anche una motivazione più semplice: la comodità».

Vivere in montagna significa dover sopportare costi più elevati per il riscaldamento, gli spostamenti, significa, banalmente, dover spalare la neve più volte durante l’inverno. E alzarsi all’alba per andare a lavorare, perché spesso bisogna fare parecchi km. «La gente cerca la comodità: il supermercato vicino a casa, il cinema, luoghi di svago», continua Costa. «Noi cerchiamo di lavorare per creare le condizioni per continuare a vivere qui, per esempio diamo un contributo per acquistare i libri per le scuole medie, ma tante volte è difficile applicare misure di sostegno alle famiglie perché la legge non te lo permette. E magari la gente si sposta anche perché costruire una casa quassù ha costi più elevati che farlo in altre zone».

Invertire il trend negativo non appare semplice. Costa ne è consapevole. E guarda con un pizzico di amarezza ai vicini autonomi, a quelle province di Trento e Bolzano che vedono crescere la loro popolazione anno dopo anno. «Da trent’anni quei territori sono autonomi e hanno potuto fare una programmazione con risorse certe. Facciamoci due domande se qui non è stato possibile farlo», conclude.

Comelico

Dal 1991 il Comelico ha perso un quinto dei suoi abitanti. A Danta vivono 444 persone (erano 600 nel 1991), a San Pietro 1.607 (erano 2.010), a Comelico superiore 2.151. Nel 1991 erano 2.831 (-24,02%). «Nel 1961 eravamo addirittura 4.400», ricorda il sindaco, Marco Staunovo Polacco. «Se il trend non sarà invertito, fra vent’anni il Comelico non esisterà più». Una constatazione amara, ma che dà il senso di quanto il problema dello spopolamento sia avvertito in queste terre all’estrema periferia del Bellunese.

Per fermare l’emorragia di abitanti, Staunovo Polacco non vede alternative allo sviluppo del turismo. «Le aziende si sono trasferite a valle, dove trovano servizi essenziali come il trasporto», continua. «Non aver saputo cogliere l’opportunità di prolungare l’autostrada negli anni in cui c’era la possibilità è stato un grave errore. C’erano mille modi per realizzarla, senza devastare il territorio. Qui nessuno vuole danneggiare l’ambiente, le opere si possono fare bene».

Un’autostrada come il collegamento sciistico con la Pusteria: «Se continuiamo ad andare dietro agli ambientalisti, fra vent’anni scompariremo», aggiunge. «Il collegamento sciistico è la leva necessaria per poter sviluppare il nostro territorio e tutte le attività della nostra tradizione».

Val di Zoldo

«Per frenare lo spopolamento servono politiche ad hoc per la montagna». Ne è convinto il sindaco di Val di Zoldo, Camillo De Pellegrin, che ha visto la sua vallata perdere 1.266 abitanti dal 1991 al 2018. «Le cause sono molteplici. C’è il calo della natalità, ma qui ci sono anche le iscrizioni all’Aire. Ho avuto 65 richieste solo quest’anno, per il problema delle targhe estere».

Molte famiglie di gelatieri hanno deciso di stabilizzarsi in Germania, abbandonando la terra natia, e l’unico modo per frenare l’abbandono della vallata sono politiche mirate, «da parte di Regione e governo», continua il sindaco. «E serve una governance unitaria, in tutta la provincia, per superare la frammentazione». —



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