L’avventura di Marco. Un agriturismo in vetta al Nevegal
BELLUNO. A 18 anni lascia l’istituto agrario perché ha deciso che è arrivata l’ora di aprire un’azienda agricola. Si mette a lavorare come imprenditore, dedicandosi, in particolare all’allevamento della pecora alpagota e all’apicoltura. Ora, a 23 anni, decide che è tempo di un’altra sfida: aprire un agriturismo in Nevegal. Ha le idee chiare, intraprendenza e coraggio Marco Vuerich. E amore per la terra, per gli animali e per la montagna. Dopo cinque anni di lavoro appassionato, ora per Marco l’obiettivo è aprire, per agosto, l’agriturismo Faverghera, ricavato da uno stabile della Regione sulla strada di servizio che dalla Casera va al Visentin, nei pressi del Giardino Botanico.
«Si è presentata l’opportunità di questo bando promosso da Veneto Agricoltura e io l’ho colta» spiega Vuerich, alpagoto classe 1994. «Perché un agriturismo? Perché è sempre stato il mio sogno. Ho fatto tutti i corsi necessari e credo di essere pronto per questa avventura. Spero che nei prossimi mesi i lavori di sistemazione dello stabile e l’iter burocratico possano concludersi e di riuscire così ad aprire per agosto. L’idea è di tenere aperto nei fine settimana durante il periodo di bassa stagione, tutta la settimana nei mesi clou, sia in inverno sia in estate».
Quali prodotti proporrà?
«Per la prima stagione l’idea è di proporre piatti freddi, spuntini. Poi di entrare a regime e offrire una varietà ampia di proposte. Il mio obiettivo è valorizzare le produzioni locali: ad esempio il salame, misto come si fa da noi, o i formaggi di malga. E piatti che rispecchino il territorio, le nostre tradizioni, con i prodotti della mia azienda agricola di Puos».
Oltre che della produzione si occuperà della cucina?
«Sì, cucinare mi piace molto».
Perché la scelta del Nevegal?
«Il Nevegal per me ha un valore speciale, innanzitutto da un punto di vista affettivo: qui ho imparato a sciare con mio papà Mauro. Ritornarci da “grande” ed essere punto di riferimento anche per gli sciatori sarà qualcosa di unico. E poi il Nevegal è un posto fantastico, che merita di essere valorizzato. Mi piacerebbe tornare a vedere un Colle vivo come quando io ero piccolo. So che non è facile ma bisogna provarci. Io ci credo».
Lei è giovanissimo ma ha già un’esperienza importante alle spalle. Ci racconta come è nata l’idea di fare l’agricoltore e l’allevatore?
«Mia nonna aveva una mucca, per uso familiare. Al pomeriggio andavo sempre da lei. Ecco, la passione è nata lì. Poi è cresciuta e mi sono iscritto all’istituto agrario di Conegliano per fare della mia passione un lavoro, volevo diventare imprenditore agricolo. Quando ho compiuto 18 anni ho deciso che era arrivato il momento di mettere su l’azienda. Ho lasciato i banchi di scuola e sono partito».
Di che cosa si occupa oggi l’azienda agricola Marco Vuerich?
«Ho una trentina di capi di pecora alpagota e una quindicina di alveari. Quello dell’apicoltura è un settore che sto cercando di sviluppare perché è redditizio e perché rappresenta uno stimolo continuo: dalle api non smetti mai di imparare. Ho anche bovini e suini, per la produzione di insaccati».
Come hanno giudicato, la sua famiglia e i suoi coetanei, le sue scelte?
«La mia famiglia mi ha sempre appoggiato. I miei coetanei? Qualcuno mi ha detto che ero matto, qualcuno mi ammira. Io comunque non mi sento un super eroe ma un ragazzo che ha cercato e cerca di assecondare la sua passione, trasformandola in lavoro».
Una passione-lavoro che non è facile da portare avanti.
«Lavori sette giorni su sette, devi essere sempre reperibile. Ritagliarti spazi personali non è semplice. E di sicuro non devi confrontare le ore di lavoro con quello che guadagni. Però le soddisfazioni di lavorare con gli animali sono enormi».
Può avere futuro da noi l’agricoltura in montagna?
«Sono convinto di sì, ma a un patto, anzi due. La prima condizione è che essa sia legata strettamente al turismo: dobbiamo vendere prodotto e territorio insieme. La seconda condizione è che si cambi mentalità: se si fa a gara tra chi vende a minor prezzo, non andremo da nessuna parte. Impariamo dai nostri vicini: bisogna remare tutti nella stessa direzione, fare alleanze: solo così potremo sfruttare le enormi potenzialità che abbiamo».
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