La voglia di restare con le carte in regola

Il gruppo ricevuto ieri in municipio per fare il punto della situazione, cresce la speranza di avere il permesso di soggiorno

FELTRE. Sembra cadere il muro dei respingimenti alle domande dei profughi libici di rimanere in Italia, e quindi anche a Feltre. È stato sottoscritto un accordo alla conferenza Stato-Regioni che recepisce la richiesta di permesso umanitario e definisce un percorso di integrazione da qui al 31 dicembre, data fissata per la fine dell'emergenza in nord Africa. Ora i profughi originari dell'Africa sub-sahariana accolti in città dopo essere stati cacciati dalla Libia a causa della guerra aspettano il decreto del Governo con cui si darà attuazione al provvedimento, che permetterà di tenere nel cassetto le risposte in arrivo dal tribunale di Trieste, competente in merito al ricorso presentato contro la decisione della commissione territoriale di Gorizia di negare il diritto d'asilo e la protezione sussidiaria.

Si chiamano Ali Harouna, Andre Yousseu, Assami e Amadou Sawadogo, Salif Bansi, Alou Fobah, Modibo Doumbia, Lamin Kuiaten, Clifford Ogaga, Sekou Manga, Souleymane Diedhiou, Malang Manga, Gombah Toure Meme, Dauda Diallo, Mohamed Ousamane Cisse, Rice Festus Palmer, Friday Omoregbe, Victor Iyoa, Julius Obiemboh, Monday Okojih, James Onoride, Godfrey Ehigamusor, Brtow Omongoro, Sukunmi Oladimji e sono nati in Nigeria, Camerun, Senegal, Burkina Faso, Mali, Gambia, Liberia. Adesso stanno a Feltre e Fonzaso, tutti sotto l'assistenza della cooperativa Dumia e resistono per evitare il rimpatrio.

Cinque lavorano alla lavanderia sociale di Fonzaso, Gomba Toure Meme è in formazione professionale in un'officina meccanica, qualcuno gioca a calcio. E senza eccezioni desiderano rimanere. Lo hanno ripetuto ancora una volta ieri, nell'incontro con il sindaco Perenzin e il presidente del consiglio Dalla Gasperina in sala giunta, organizzato dai rappresentanti di Sinistra ecologia e libertà Alberto Domenichini e Zoubida Ghezali, che con i migranti hanno stretto un rapporto di amicizia, oltre a farsi promotori di una raccolta fondi per aiutare due di loro a sostenere i costi legali del ricorso e a spingere una raccolta firme. Ne sono state messe insieme oltre duecento.

La domanda del sindaco è solo apparentemente semplice: come state, come sta andando il periodo di soggiorno qui? Preferiscono rispondere in francese, perché si sentono più a loro agio, anche se stanno imparando l'italiano e un po' lo parlano. Vivono con l'angoscia che i documenti non arrivano e la paura è che li rimandino indietro senza nulla in mano. Capiscono che la situazione in Italia è molto difficile, «però con la carta d'identità potremmo muoverci autonomamente a cercare un impiego e avere maggiori possibilità di trovarlo senza dover essere per forza tutti insieme». «Ci piace stare qui e vogliamo restare», dice Assami Sawadogo, «mi piace questa città che ci ha aiutato».

Lo ripetono in molti e nessuno si dimentica di ringraziare chi li ha accolti. «Grazie alla popolazione che è stata gentile», aggiunge Gomba Toure Meme. E Dauda Diallo sottolinea come sia «difficile avere lavoro senza documenti». Modibo Doumbia ha ottenuto il permesso sussidiario per tre anni, mentre ad altri tre è andata meno bene, perché il tribunale ha respinto il ricorso per l'asilo politico. La carta buona per restare però l'ha messa in mano a tutti la conferenza Stato-Regioni. Una vittoria, o quantomeno un primo risultato per i promotori dell'appello lanciato per il rilascio di un titolo di soggiorno. Poi ci sarà il percorso formativo e possibili soluzioni lavorative da discutere in accordo con l'amministrazione ed eventuali realtà economiche.

Raffaele Scottini

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