«La procura ha una sua ricostruzione ma noi abbiamo rispettato la legge»

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«Le ipotesi di reato sono frutto della ricostruzione fatta dai procura e tribunale che la ritengono ponderata, ma ci sono anche altri fatti da valutare. Se non ci sono dolo o colpa, per esempio, non può esistere il reato. Quanto a noi, stiamo valutando la situazione. In primo luogo vogliamo capire se questo passo è coerente con il decreto semplificazioni emanato tre giorni fa e al quale i giudici si debbono attenere».
Così Gianluca Sgaravato, legale di Verona che segue il magnate russo Andrey Toporov, titolare della Lajadira, in una serie di contenziosi di natura civilistica.
Gli atti del sequestro della magistratura bellunese e gli avvisi di garanzia relativi saranno presi in considerazione insieme con altri colleghi che seguono direttamente il penale: «Io seguo la parte civile», continua Sgaravato, «vedremo se fare ricorso. Di certo quello che posso dire è che le procedure sul progetto sono state seguite nel rispetto delle norme e le cose sono state fatte alla luce del sole, rispettando tutte le regole del caso».
Si valutano le carte per eventuali richieste di dissequestro, per il difensore, però, non si può prescindere dal fatto che bisogna anche fare i conti con il cambio del Codice degli appalti di emanazione post Covid. Il riferimento di Sgaravato al decreto semplificazioni è appunto quello sullo snellimento delle procedure degli appalti e al Codice relativo che porta una serie di modifiche su temi di non poca rilevanza.
Quanto al motivo dei rilievi della procura verso i costruttori, nel procedimento che ha portato al sequestro preventivo, secondo il legale «non c’è stata violazione di norma di alcun tipo: è stata applicata la legge. Il progetto è stato vagliato per anni e sottoposto alle verifiche delle autorità interessate, anche con l’approvazione della Sovrintendenza ai beni ambientali. Poi quelle della procura sono chiaramente valutazioni possibili, ma forse un po’ eccessive. Ma non si possono pagare queste conseguenze, avendo proceduto nel rispetto delle norme: di fatto c’è un contratto di appalto fatto e bloccato. A questo punto bisognerà valutare se andare avanti con questo progetto».
Una ipotesi, dunque, che i piani siano rivisti? L’ha buttata lì il difensore, certo, nulla di concreto al momento, «ma se ho ostacoli come imprenditore, ad andare avanti ci penso».
Anche il progettista Lucio Boni ha avuto il suo daffare ieri: «Stiamo valutando le cose proprio adesso», spiega al telefono. «Siamo stati presi alla sprovvista e stiamo valutando le cose da fare. Tutto l’iter di realizzazione del progetto sull’Hotel Ampezzo è stato messo sotto la lente di ingrandimento: il progetto è arrivato fino al rilascio del permesso a costruire, quindi non è che ci sia stato un percorso corto. C’è voluto molto tempo, anche perché c’erano delle segnalazioni, e tutto l’iter seguito è stato guardato con la lente di ingrandimento da quanti dovevano farlo. Noi ci aspettiamo che sia tutto a posto».
Nessun dubbio neanche sul ruolo della Sovrintendenza: «C’era una richiesta di integrazioni alla quale è stato rilasciato parere favorevole. Non esiste un parere negativo della Sovrintendenza su quanto elaborato».
Coinvolto di striscio anche il Comune in questa indagine, seppure attraverso un unico ufficio, quello dell’Edilizia privata: il permesso a costruire fu rilasciato il 31 ottobre 2018 e nel frattempo i funzionari responsabili sono pure cambiati (Silvia Balzan è stata sostituita da Carlo Breda). «Qui da noi non è venuto nessuno ad acquisire documentazione», spiega il sindaco Ghedina, che non nega presunte ipotesi penali su un ex responsabile. La procura contesta l’abuso d’ufficio nei confronti di chi ha firmato l’autorizzazione finale sul progetto.
Un Ghedina che taglia corto di fronte alle critiche che l’inchiesta ha sollevato: «Il mio augurio è che i lavori riprendeno il prima possibile». —
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