La polizia polacca gli ritira la patente e dice che l’ha persa

FELTRE. Patente ritirata, non persa in Polonia. Il feltrino M.F. ha patteggiato nove mesi di reclusione, con pena sospesa, per l’accusa di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico e falso materiale in certificazioni o autorizzazioni amministrative. Cinque anni fa l’uomo lavorava a Varsavia per un’azienda che si occupa di manutenzione di binari ferroviari. Il 30 gennaio la polizia lo ferma per un normale controllo, sulle strade della capitale e gli agenti decidono di sottoporlo all’esame dell’alcoltest, perché evidentemente l’alito è promettente. Qualcosa deve averlo bevuto. Il soffio nel gran freddo rileva che l’automobilista è positivo e la lancetta sale fino a 0,5. In Italia meriterebbe soltanto una sanzione amministrativa per guida in stato di ebbrezza, perché il limite prevede una forbice che va da 0,5 a 0,8. Ma in Polonia funziona diversamente e anche solo con 0.2 si va a finire a processo. Poco meno che tolleranza zero, come in altri Paesi.
Viene portato in caserma, dove rimarrà per diverse ore e dove gli ritirano il documento di guida. Quando torna in Italia, accetta un cattivo consiglio da parte di quello che ritiene un amico affidabile: presentare una denuncia di smarrimento ai carabinieri. M.F. va in caserma il 23 aprile: la procura della Repubblica gli contesterà il fatto di aver attestato falsamente al maresciallo di turno di aver perso la patente in Polonia, quando invece gli era stata ritirata, e poi di aver convinto lo stesso militare a compilargli un permesso di guida provvisorio e di aver successivamente ottenuto dalla Motorizzazione civile di Roma una nuova patente, fondata su presupposti falsi. Il documento originale tarderà qualche tempo ad arrivare dalla Polonia, perché i tempi della burocrazia sono quelli che sono, ma cadrà nella buca delle lettere della prefettura di Belluno, smascherando la situazione e portando fino al processo penale.
Non c’erano molti margini di movimento, vista la situazione e il difensore di fiducia Resenterra ha concordato i nove mesi di pena con il pubblico ministero Rossi. Il giudice Cittolin l’ha applicata, ritenendola equa e l’udienza è sospesa.
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