La nipote Pia guida i visitatori nelle stanze della famiglia

Una diretta Rai ha raccontato a tutta Italia l’apertura della casa natale Quella volta che vi entrò Papa Wojtyla insieme con il presidente Cossiga

CANALE D’AGORDO. Quarant’anni fa, il 26 agosto 1979, in occasione del primo anniversario della morte di Giovanni Paolo I, Papa Wojtyla e Francesco Cossiga, allora Capo del Governo, furono invitati per un caffè in casa Luciani. In quella circostanza Giovanni Paolo II volle rendere omaggio, con una visita al paese natale, al suo predecessore.

Le poltrone in cui Edoardo Luciani, il fratello del “papa del sorriso”, desiderò che si accomodassero, sono proprio quelle che i primi pellegrini ieri pomeriggio hanno potuto vedere nella stanza in cui Albino nacque, il 17 ottobre 1912. Una piccola folla (alcune centinaia di devoti) si è formata all’ingresso, anche perché all’interno c’era una diretta Rai per “La vita in diretta”, che con il cardinale Stella e i vescovi Marangoni e Pizziolo ha fatto conoscere a tutta Italia la casa del pontefice agordino.

Ad intrattenere i primi visitatori è stata Pia Luciani, la nipote del papa, figlia di Edoardo. «Qui c’era un negozietto di scodelle in cui lavorava mio papà – ha raccontato -. Da quella parte, invece, c’erano la stalla e il tabià, demoliti nel 1959 per bisogno di spazio; eravamo una famiglia numerosa. Subito sulla sinistra, la cantina con gli attrezzi di lavoro di papà». Entriamo e al primo piano troviamo la stua, l’unica stanza riscaldata della casa grazie al fornél, un forno ricoperto di maiolica caratteristico nelle Dolomiti, spiega Loris Serafini, direttore del Museo Papa Luciani. Il neonato – ricorda ancora Serafini – venne battezzato dalla levatrice Maria Fiocco “per imminente pericolo di vita”. Il cordone ombelicale gli si era attorcigliato intorno al collo e l’intervento della levatrice gli salvò la vita.

Nella stanza, arredata in maniera sobria, Luciani avrebbe soggiornato anche da prete, vescovo e patriarca. Il luogo può essere visitato, da ieri e fino al 31 agosto, dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18. È la prima volta che vi si può accedere. Edoardo abitò quella casa fino alla sua morte, nel 2008.

«Si tratta di un’umile costruzione del XVIII secolo, riadattata a fine Ottocento dalla famiglia Tancón Crock, insieme all’adiacente tabià, ossia il fienile, con stalla – spiega Serafini – . L’edificio è costituito da due cantine e due stanze con caminetto al primo piano».

Tra il 1901 e il 1902 Giovanni Luciani, padre di Albino, è andato ad abitare nelle due stanze del primo piano, usufruendo del fienile e della stalla dove allevava una mucca. «Dal matrimonio – continua Serafini – nascono cinque figli: Amalia (1900- 1939), Pia (1902-1969) e tre bimbi che muoiono tutti dopo pochi mesi. Il 27 dicembre 1906 muore pure la moglie Rosa Fiocco per la tubercolosi. Così per alcuni anni Giovanni rimane vedovo con due figlie sordomute da accudire, finché nel 1911 sposa in seconde nozze Bortola Tancon dalla quale ha quattro figli: Albino, Tranquillo Federico, Edoardo e Antonia».

Dopo la morte dei genitori (mamma Bortola muore nel 1948 e papà Giovanni nel 1952) e in seguito al matrimonio della sorella Antonia, nella vecchia casa rimarrà la nuova famiglia di Edoardo Luciani che nel 1959 allargherà l’abitazione per dare spazio ai suoi dodici figli, nati tra il 1945 e il 1965. Qui è tornato spesso il futuro vescovo e patriarca a trovare fratello, cognata e nipotini e a passare qualche giorno di riposo. E qui Stefania Falasca, in collaborazione con don Davide Fiocco e lo stesso Serafini, ha trovato una montagna di inediti, come la lettera scritta da Germaine Péguy, figlia di Charles Péguy. Il materiale documentale e librario reperito nella casa natale verrà ora inventariato a cura di Serafini. —

F.D.M.

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