La montagna in lutto «Tutta la comunità è vicina alle famiglie»

Il cordoglio del Soccorso alpino bellunese dopo la disgrazia Bristot: «Una gita tranquilla, il rischio non è mai assente»
Di Alessia Forzin

BELLUNO. Ci sono rischi che non si possono calcolare. Erano tutte persone esperte, Tiziano Favero, Daniele Costan Zovi, Mirco De Col e Maurizio Bergamo, travolti dalla valanga che si è staccata in Val Fonda domenica mattina.

«È stata una disgrazia», spiega il delegato provinciale del Soccorso alpino bellunese, Fabio Rufus Bristot. Proprio sabato sera, sistemando alcuni documenti, Bristot aveva considerato che il 2013 e il 2014 avevano “graziato” il Soccorso alpino. Non ci sono stati incidenti, in quei due anni. Due anni di pausa, dopo le tragedie di Falco, del Pelmo e del Cridola, che rimangono scolpite nella memoria della comunità bellunese, legatissima ai ragazzi del Cnsas.

Dopo due anni una nuova, inaspettata, tragedia. «Quella che stavano facendo i quattro ragazzi era una gita tranquilla, in un posto che viene molto frequentato dagli sci alpinisti», spiega Bristot. «Il bollettino diffuso dall'Arpav indicava che il grado di rischio valanghe era 2 (su una scala da 1 a 5 in cui 5 è il livello più elevato). Avevano tutta l'attrezzatura necessaria, stavano procedendo distanziati, come si deve per prudenza perché si evitano carichi specifici sulla neve. Ma per quanto si cerchi di valutare il rischio, non è mai assente del tutto. È successo ciò che non si poteva prevedere. Probabilmente non sapremo mai cosa ha provocato la valanga, ma non penso siano stati loro: il distacco è avvenuto 70 metri a monte rispetto a dove si trovavano».

La perdita è pesante, per il Soccorso alpino: «Il nostro abbraccio va prima di tutto alle famiglie dei ragazzi che hanno perso la vita», continua Bristot. «Da stamattina ricevo telefonate di tante persone. La comunità della montagna, ancora una volta, di fronte a un dolore così grande ha dato dimostrazione di essere unita, vicina alle famiglie». E al Soccorso alpino.

Bristot ha trascorso tutta la domenica alla centrale operativa del Suem di Pieve di Cadore: «A dare l'allarme è stato Maurizio Bergamo, che è capo stazione del Centro Cadore. Ha gestito l'emergenza in modo ineccepibile. Ringrazio il ragazzo della Forestale che l'ha accompagnato alla stazione 118 di Pieve». Qui è stato organizzato il coordinamento, anche per la diffusione delle informazioni alle famiglie delle persone coinvolte. A dare un supporto ai familiari e agli amici delle vittime, è stata chiamata anche la psicologa.

Ai compagni del Cnsas del Centro Cadore pensa Alex Barattin, che ha dovuto affrontare una tragedia simile tre anni fa, quando sul Cridola sono caduti tre volontari della stazione dell'Alpago: «So come ci si sente. Nei primi giorni hai l'adrenalina che ti tiene su, quando passerà ci vorrà tanto tempo per superare il dolore».

Che la situazione fosse disperata è stato chiaro fin dai primi istanti: «Dopo 15-20 minuti le possibilità di sopravvivere, se si viene sepolti da una valanga, si riducono drasticamente. I soccorsi sono stati tempestivi, ma 15 minuti passano molto in fretta. I ragazzi erano attrezzati nella maniera corretta, se si trovavano in quel punto è perché avevano valutato che fosse il punto migliore per salire. La montagna è così: bella, ma c'è sempre una dose di rischio che non si può calcolare perfettamente».

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