Il vento e l'acqua del nevaio ostacolano il Soccorso alpino

Renzo Mingardo
Renzo Mingardo
BELLUNO. «Il vento forte e l'acqua del nevaio hanno rappresentato due grossi ostacoli nelle operazioni di recupero della salma». A parlare è Maurizio Galeazzi, capo del soccorso alpino della stazione di San Vito. Due suoi uomini, assieme ad altri quattro della stazione di Pieve di Cadore, hanno partecipato alle difficoltose operazioni di recupero del cadavere dell'imprenditore mestrino, Renzo Mingardi. «Già - continua Aldo Giustina, uno degli uomini del Cnsas che hanno partecipato attivamente alla difficoltosa operazione - il vento, piuttosto forte, ha ostacolato il velivolo del Suem, rendendo precaria la stabilità del mezzo. L'acqua, invece, che proveniva dal nevaio soprastante e si immetteva nel crepaccio profondo 7-8 metri dove era finito il corpo dello sfortunato alpinista ha rappresentato un altro impedimento. Diciamo che è stato un intervento fuori dall'ordinario rispetto a quelli che siamo abituati a fare, ma seri pericoli non ne abbiamo corso». A parte il rischio di «un leggero principio di ipotermia», come si legge in un comunicato stampa del soccorso alpino. Le due squadre del soccorso alpino di San Vito e Pieve di Cadore sono state trasportate sul luogo della tragedia dall'elicottero del 118 verso le 14.30. Un paio d'ore dopo il cadavere è stato recuperato. Ma solo dopo le 17.30 l'elicottero, nel frattempo dirottato dalla centrale del Suem, su altri interventi, è riuscito ad imbarcare la salma dello sfortunato alpinista con un verricello di 5 metri ed i soccorritori in hovering. Seppur sullo sfondo di una tragedia, i soccorritori del Cnsas bellunese hanno dimostrato, ancora una volta, l'alto grado di preparazione.

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