Il ricordo di Cadorin «Una raffica di vento ci ha portato via Ilio»

Il compagno d’avventura racconta la disgrazia sul Pavione I funerali si svolgono oggi alle 15 nella chiesa di Cencenighe
Di Gigi Sosso

CENCENIGHE. «Fraca, fraca». Spingi, spingi con i ramponi, ha provato a dirgli il compagno di avventura Valentino Cadorin, ma l’esperto alpinista Ilio De Biasio non ce l’ha fatta: stava già scivolando irrimediabilmente lungo quei trecento metri della ripida cresta, che dal rifugio Dal Piaz scende a valle, sulla via per il monte Pavione. Faceva parte della spedizione scialpinistica sulle Vette Feltrine anche Luigino Bristot, che a sua volta non è riuscito a fare niente che potesse cambiare un destino così crudele. Fai presto a dire che ogni alpinista vorrebbe morire in montagna, ma a 59 anni è troppo presto per qualsiasi tipo di fine.

Il giorno dopo la disgrazia i due amici lo piangono, chiedendosi chissà quanti perché, senza avere risposte e saranno tra i tanti che si ritroveranno ai funerali delle 15, nella chiesa di Cencenighe Agordino: «È un’ingiustizia che Ilio se ne sia andato sulle montagne, che tanto amava e rispettava», sottolinea Cadorin, «non mi spiego ancora i motivi, anche perché accanto all’esperienza metteva anche tanta prudenza. Aveva sempre tutta l’attrezzatura necessaria, altrimenti non avrebbe mai affrontato una scalata o un pendio da scialpinismo. Devo dire che era bellissimo andare per i monti con lui, anche perché non ti faceva mai pesare le sue enormi conoscenze o il fatto che sapesse il nome di tutte le cime. Ti dava dei consigli, che era sempre un piacere ascoltare e mettere in pratica».

Il ricordo è ancora freschissimo, ma uno preferirebbe perdere improvvisamente la memoria, se servisse a poter salutare di nuovo Ilio De Biasio: «Ero davanti a lui di almeno tre metri e stavano procedendo lungo un tratto di neve dura, dopo il rifugio Dal Piaz. Ho sentito gridare e fatto in tempo solo a invitarlo a spingere con i ramponi, prima di vederlo andare giù. Ha cercato di ancorarsi con le racchette, ma non è bastato ed è possibile che il rampone abbia fatto perno, mandandolo verso valle a testa in giù. Ci ho messo tre minuti a raggiungerlo, nel frattempo ci siamo preoccupati di chiamare il 118 del Suem».

Momenti che sembrano eterni in montagna. E dire che a volte può bastare anche solo un soffio di vento: «Dev’essere stata proprio una violenta raffica a fargli perdere l’equilibrio. Al di là di quelle che possono essere state le condizioni della neve, non stavamo rischiando niente. Chissà quante ne avevamo fatte di uscite così... Non so dire se Ilio fosse ancora vivo, quando l’ho raggiunto: credo fosse molto grave, da quello che avevano detto i medici del Suem, ma non possono credere che non sia più tra noi e nel pomeriggio si debba andare a salutarlo per l’ultima volta. Mi sembra tutto così incredibile».

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