Il milite ignoto bellunese dimenticato in una scatola

I resti di un alpino della 206ª compagnia Val Cordevole furono ritrovati nel 2015. A distanza di due anni le ossa sono ancora custodite dai carabinieri di Moena

BELLUNO. Per cento anni è rimasto tra le pietraie del Sasso di Costabella dove aveva trovato la morte durante un assalto. Ora è “dimenticato” nella stazione dei carabinieri di Moena in attesa dei tempi della burocrazia. Parliamo dello scheletro di un alpino bellunese appartenente alla 206ª compagnia Val Cordevole del Reggimento 7° Alpini di Belluno, emerso tra i sassi calcarei della catena del Costabella nell’estate del 2015.

A ritrovarlo Livio Defrancesco, presidente dell’associazione “Sul fronte dei ricordi”, che da una vita e in ogni stagione percorre quella montagna teatro di aspri scontri nel corso della Grande Guerra. «Stavo salendo lungo un canalone con un socio dell’associazione dopo un forte temporale estivo, quando abbiamo visto affiorare dai sassi i resti di un vecchi scarpone», spiega al telefono.

Dopo la segnalazione erano intervenuti i carabinieri che avevano raccolto i resti tuttora conservati nella stazione di Moena.

La “catena” di comunicazione scattata con il ritrovamento si è interrotta chissà dove. Chi ha trovato il corpo emerso dalle ghiaie ha comunicato all’autorità luogo e modalità della scoperta. I carabinieri della stazione di Moena hanno raccolto i resti e avvertito i loro superiori, mentre il magistrato ha avviato la pratica. Poi più nulla. Si sa che l’organismo incaricato a dare risposta in questi casi è “Onorcaduti”, ma non si conosce il motivo della “dimenticanza”. Intanto le ossa del povero alpino aspettano una sepoltura onorevole tra i faldoni di pratiche della stazione di Moena.

«È probabile», spiega Livio Defrancesco, «che l’alpino trovato ai piedi del Sasso di Costabella facesse parte di un drappello che aveva l’obiettivo di raggiungere la cresta sommitale, da dove si dominava dall’alto la Valle di San Nicolò. Lo testimonia il rampino di ferro trovato accanto al corpo che serviva per salire sui ripidi fianchi della montagna. Da un esame sommario dello scheletro si osserva come le ossa del braccio e della gamba sinistra siano state sbriciolate da una esplosione. Doveva essere un uomo giovane e particolarmente robusto, alto circa 185 centimetri».

L’area della catena del Costabella e di Bocche sono state teatro di combattimenti all’inizio del conflitto e nell’anno successivo. I caduti erano stati sepolti dapprima in piccoli cimiteri in prossimità delle linee di fuoco, ma al termine della guerra le salme erano state trasferite in cimiteri di guerra.

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