«Il lupo? Fa disastri ma non chiudo per i miei bambini»

Bernardi non si arrende dopo l’uccisione di 3 daini e 5 pecore La sua fattoria didattica ospita quasi duecento animali

BORGO VALBELLUNA

«Proprio non me la sento di parcheggiare ogni notte gli animali in lockdown». Walter Bernardi, insegnante di professione, allevatore e allenatore per passione, sta meditando di arrendersi ai lupi e chiudere la sua fattoria didattica “La collina dei ciliegi” di Villa di Villa. «Forse alla fine deciderò di continuare, per non abbandonare i miei ‘piccoli’, ma questa non è vita. Né per la mia famiglia, né per i nostri ospiti».

Un lupo, forse due hanno predato tre daini e 5 pecore. È la prima volta che accadeva in casa Bernardi. Tutti sotto shock. «Abbiamo recintato ben 5 mila metri quadrati di parco con il meglio che esiste sul mercato quanto alla possibile protezione. Ciononostante siamo stati assalti. E ora...».

Il signor Walter si ferma. Quasi si commuove. «Ho dovuto rinchiudere i due lama nel box del cavallo. Ma chissà quale notte hanno trascorso là dentro. Sicuramente da stress. Ho la stalla ma è piccola».

Eh sì, perché Bernardi ha una vera e propria arca di Noè. Ben 35 le specie di animali che accudisce, una dozzina di mammiferi. Ha cavalli, pony, lama appunto, asini, daini, pecore, capre, pappagalli, fagiani, galline di ogni colore, tacchini e altri uccelli: duecento capi che le scolaresche vanno a conoscere e che Walter accoglie spiegando ogni aspetto della vita di quelli che chiama “i miei amici”. Ogni tanto arriva una poiana, si cala con prepotenza e rapisce qualche pulcino: «Erano le uniche predazioni che subivo, due o tre all’anno, ma il lupo davvero no, non me l’aspettavo. Potrei anche accoglierlo, se riuscisse a convivere, ma temo che non ci riesca».

Bernardi non è fra quelli che chiedono il “contenimento” del carnivoro, forma gentile per dire che va ammazzato. Non sa però a che santo votarsi per una protezione più sicura. Il professore spiega, fra l’altro, che lui non ricava assolutamente niente da questa attività che svolge per passione. «Non sono un allevatore, quindi non mi sono nemmeno mai posto il problema del risarcimento», precisa.

Anzi, si trova a pagare l’azienda che per disposizione dell’Asl, preleverà le carcasse dei daini e delle pecore e le porterà all’incenerimento. «Se deciderò di non smettere, sarà per loro, i bambini, i ragazzi, i loro insegnanti, le famiglie: quando arrivano qui, finalmente si rasserenano e dimostrano di riscoprire il creato». —



Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi