Il lago di Cavia salva il ponte dello sci

FALCADE. Chi l’avrebbe mai detto, negli anni Cinquanta, che quel lago d’alta quota, realizzato per produrre energia elettrica, sarebbe diventato sessant’anni più tardi, ancora più prezioso per trasformare l’acqua in neve artificiale? Siamo a 2.100 metri di quota, al confine fra la provincia di Trento e il Veneto, sulle sponde del lago Cavia che - in via del tutto eccezionale - quest’anno si presenta azzurro, con qualche timida lastra di ghiaccio in superficie. Se la ski area del San Pellegrino nel ponte dell’Immacolata ha potuto aprire 10 piste, collegando l’intera area da Falcade fino al Costabella, è grazie all’acqua di questo lago, acquistata dall’Enel a un prezzo che tiene conto della mancata produzione di energia.
Perché nell’autunno più secco (e caldo) che si sia mai visto, l’acqua degli impianti idroelettrici è ancora più preziosa se viene trasformata in neve, l’elemento fondamentale dell’industria bianca che - oltre alle funivie - dà lavoro ad albergatori, ristoratori e tutto quello che gira attorno al mondo del turismo invernale. Tanto che la presidente nazionale delle società funiviarie, Valeria Ghezzi, titolare degli impianti Tognola a San Martino citando dati dell’associazione di categoria, sostiene che un posto di lavoro nelle aziende di impianti a fune comporta un indotto di altri 5 posti.
Quella del passo S.Pellegrino non è stata un’operazione dell’ultimo minuto. Era il 2007 infatti quando le società funiviarie dell’area - come ricorda il presidente delle funivie, Mauro Vendruscolo - si sono riunite in una società consortile sostenuta da Trentino Sviluppo per creare questa “fabbrica della neve” che - grazie a un acquedotto interrato - è in grado di innevare le piste da Falcade al passo S.Pellegrino. Col vantaggio che avere l’acqua a 2.100 metri di quota fa risparmiare sui costi dell’energia che serve per le pompe. Il risultato è impressionante: si scia davanti a un lago azzurro che fornisce la materia prima per chilometri di piste. Non è stata un’operazione semplice al confine tra due province che - anche sull’acqua - han regole diverse. L’acqua - ingrediente fondamentale della neve artificiale, assieme all’energia che alimenta i cannoni e ovviamente al freddo - in una stagione così secca è una risorsa scarsa per la maggior parte delle stazioni sciistiche. A Madonna di Campiglio, dove non bastava, hanno realizzato l’anno scorso un lago artificiale a Montagnoli: un bacino da 200 mila metri cubi, contestato dagli ambientalisti e costato 10 milioni di euro. Per avviare la stagione l’hanno riempito e svuotato già tre volte, con la produzione di 600 mila metri cubi di neve.
A San Martino di Castrozza,nell’area Tognola devono farsi bastare 57 mila metri cubi d’acqua, che vengono pompati dal fondo valle. Quando finiscono bisogna riempire nuovamente il bacino. In tutte le località sciistiche del Dolomiti Superski ci sono 150 bacini idrici che vengono utilizzati per la produzione di neve artificiale. Ci sono società funiviarie che possono contare su derivazioni dai corsi d’acqua, altre che accedono direttamente agli acquedotti, pagando la bolletta ai Comuni.
Nel lago Cavia invece l’acqua abbonda anche in questa stagione secca: 2 milioni e 500 mila metri cubi che solo in minima parte vengono utilizzati per la neve artificiale. L’inverno scorso - ad esempio - ne sono stati utilizzati in totale circa 500 mila per produrre un milione di metri cubi di neve artificiale, quanto basta per innevare tutta la ski area al costo di circa 1 milione e 400 mila euro.
Il problema della mancanza di neve naturale non riguarda soltanto lo sci alpino. Anche lo sci nordico, in Trentino, si sta attrezzando con l'innevamento artificiale, come dimostrano le immagini del passo di Lavazè, in val di Fiemme, dove è stato creato un anello di 4,5 chilometri che - in questi tempi di magra - sta comunque facendo felici gli appassionati dello sci di fondo.
Ma anche dove l’acqua abbonda resta il problema del freddo che - nelle ultime stagioni - si è fatto sentire solamente per pochi giorni. Per questo le località sciistiche si sono attrezzate con impianti sempre più potenti: appena il termometro scende le “batterie di cannnoni” cominciano a sparare giorno e notte. Alle ski area più attrezzate bastano cinque o sei giorni per innevare completamente le piste. Ne vale la pena? Gli impiantisti dello sci ne sono convinti, anche se è impensabile una stagione intera senza neve naturale. E comunque l’industria dello sci non conosce alternative.
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