Il fuoco, l’acqua e il vento la natura si è scatenata nella valle di San Lucano

Poteva essere testimone di quanto accaduto a Col di Prà in fondo alla Valle di San Lucano nella notte tra il 29 e 30 ottobre 2018. La notte di Vaia.
E invece la paura lo ha spinto a rifugiarsi sotto il bancone del bar. È lì infatti che Mauro Chenet ha ritrovato il suo gatto quando il martedì mattina è “scappato dentro” a vedere con gli occhi se le sue proiezioni mentali, dettate dai tubi arancioni e grigi che il torrente Tegnas aveva trasportato a Taibon, avevano un corrispettivo nella realtà.
A Col di Prà, quella notte, non c’era nessuno che possa dire cosa sia successo, c’era solo il gatto.
«Taci va – sospira oggi Chenet, mentre muove in su e giù la mano aperta con le dita strette a dire: “guai” – taci va che eravamo stati tutti evacuati per l’incendio dal mercoledì precedente, sennò se eravamo qua dentro qualcosa succedeva. Sai com’è? Quelli da Taibon vengono dentro, da qua si va in fuori a vedere. Finiva che qualcuno ci rimaneva sotto uno degli alberi caduti lungo la strada».
Il 30 mattina Chenet ci ha impiegato un’ora e mezza a percorrerla. Oggi da La Merla fino a Col di Prà, una delle più belle valli dolomitiche, stretta tra le Pale e l’Agnér, ti offre versanti di varie caratteristiche: quelli con gli schianti ancora a terra, quelli ripuliti, quelli su cui si sta lavorando, quelli intatti su cui campeggiano i colori dell’autunno e quelli marroni tendenti al grigio bruciati dal fuoco di mercoledì 24 ottobre.
In quel pomeriggio del 24 per gli ignari sedici residenti di Col di Prà sarebbe iniziata un’odissea lunga più di un mese. «Abbiamo visto una nuvola nera – ricorda Chenet, indicando verso Taibon – era il fuoco che in un attimo è arrivato dentro. Pensavo non avrebbe superato un certo punto e invece... Siamo stati tutta la notte a guardare quello che succedeva: alla fine ha bruciato fino a tutta la terza Pala. Il giorno dopo un nuvolone di fumo. Per fortuna avevo le finestre buone».
Per l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, oltre che per il rischio connesso ad eventuali smottamenti dalle Pale lungo la strada, il 25 ottobre il sindaco Silvia Tormen aveva emesso l’ordinanza di evacuazione per tutti i residenti della frazione di Col di Prà. «Quando poi le previsioni mettevano pioggia per i giorni successivi – dice Chenet – eravamo contenti perché l’incendio si sarebbe spento e saremmo a breve potuti tornare nelle nostre case».
E invece l’attesa sarebbe continuata fino ai primi di dicembre. «Ero a Taibon – ricorda Chenet – lunedì 29 dopo mezzogiorno è iniziata quell’aria e vedevi che la pioggia veniva portata dentro in valle. Più passava il tempo e peggio era. Chiaro che pensi a quello che sta succedendo alla tua casa e quando ho visto nel torrente Tegnas i tubi arancioni della fognatura e grigi del telefono ho pensato al peggio: solo da Col di Prà potevano arrivare».
Là dentro si stava combattendo una guerra in cui i “soldati” Angheràz, Bordìna e Tegnàs difendevano i loro stessi nomi e l’intero abitato lasciato forzatamente incustodito dagli abitanti.
E ce l’hanno fatta: in valle di Angheràz (dal longobardo “lancia”) – racconta Chenet che i posti attorno li ha girati tutti – il vento non ha fatto un granché («ma da altre parti, tipo a Malgonera – precisa – sembra uno di quei paesaggi dei film sul Vietnam») ; il Bordina, “torrente dall’acqua fangosa”, a “I Cadéne” è stato scavato per sei metri («Prima mi bastavano cinque metri di filo per arrivare all’acqua – dice Luciano “Napi” Soccol – adesso me ne servono quindici»), ha visto il ponte saltare, ma non ha permesso che l’acqua si portasse via la casa dei Forcellini sulla destra; il Tegnas, “tenace”, ha tenuto botta lungo tutto il suo corso.
E come lui hanno tenuto per un lungo mese tutti i residenti scortati quotidianamente dai vigili del fuoco alle proprie abitazioni che, salvo un caso, non avevano subito grossi danni. Nessuno di loro se ne è andato altrove. Neanche il gatto. «Ma quando tira vento o piove – osserva Mauro – fa gli occhi grandi, prende e va là, in quel posto, sotto il banco del bar». —
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