Il fronte italiano della Grande guerra visto dagli artisti

Immagini propagandistiche anche austriache e tedesche nel nuovo libro del trio Ambrosini-Fogagnolo-Meliadò

BELLUNO. L’iconografia della Grande Guerra si arricchisce di un volume originale. Siamo abituati alle raccolte di fotografie e di cartoline, o anche di quadri e disegni. Sono immagini di bombardamenti, di ricognizioni aeree, di campi d’aviazione, di trincee, di obici da 305, di cannoni che puntano le postazioni nemiche, di forti, di strade militari in costruzione, di vita quotidiana nel fango della trincea o nelle retrovie, di colonne di profughi in fuga, di paesi distrutti; mai di battaglie perché nel momento del fuoco non c’è certo tempo per le pose fotografiche.

Ora un bel volume edito da Cierre (“La Grande Guerra. Il fronte italiano nelle cartoline e nelle stampe degli artisti”, di Piero Ambrosini, Fabio Fogagnolo, Enrico Meliadò) presenta un punto di vista diverso. E’ anche questa una raccolta di immagini, e si tratta, anche in questo caso, molto spesso di cartoline. Ma sono anche stampe diverse, cartoncini non destinati a viaggiare per posta. Quanto alle cartoline, sono riproduzioni di quadri d’artista, spesso pittori di grande talento, mobilitati per finanziare, con la vendita delle loro opere, i fondi a favore delle famiglie dei caduti.

La seconda caratteristica, di grande interesse per il lettore italiano, è che le circa mille immagini raccolte nel volume sono in grande maggioranza di parte austriaca o germanica ed offrono dunque il punto di vista del “nemico” che è un punto di vista opposto ma parallelo a quello italiano.

La realtà dolorosa della guerra resta, ovviamente, ai margini. L’orrore delle battaglie o della fame non ha diritto di cittadinanza. Occorre esaltare gli spiriti, non deprimerli. C’è invece abbondanza di imprese eroiche, di retoriche guerresche, di pietà cimiteriali, di esemplari incursioni nelle trincee nemiche. Spesso identica è la simbologia, basti pensare all’aquila della quale si appropriano equamente italiani e austriaci. “Dio è con noi” lo dicono tutti, nelle diverse lingue. Dei alpini e Cristi risorti indicano ad entrambi la via ai battaglioni e arringano a battaglia, protettori di virtù ideologiche o concretamente identitarie e territoriali. L’unità del popolo combattente è sempre la virtù per eccellenza. Nelle cartoline austriache prende la forma di Andreas Hofer, il comandante tirolese dell’insurrezione antinapoleonica del 1809 (un eroe buono per tutte le stagioni), e agli alpini italiani si contrappongono gli Schutzen. Non è solo l’alpino De Luca (l’uccisore del Sepp Innerkofler) a scagliare massi, ma sono anche gli Schutzen tirolesi ad usare le “batterie di Sassonia”. Gli alpini difendono i “sacri confini della Patria”, ma per la propaganda austriaca sono invece “gli italiani perfidi e traditori”, addirittura “turpissima genia”. Va da sé che a Caporetto si inneggia da parte italiana ai reparti che resistono, da parte austroungarica allo sfondamento e alla vittoria.

Il sangue e il dolore vengono naturalmente trasfigurati in un alone azzurrino di retorica bellica, e le cartoline non sono foglietti di auguri, ma un veicolo privilegiato di propaganda, spesso artisticamente pregevoli. Gli artisti austriaci e germanici che hanno prestato la loro matita sono una quarantina, quelli italiani una trentina, i più noti sono naturalmente Aristide Sartorio, Achille Beltrame, Basilio Cascella.

Toni Sirena

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