Il cardiologo Palmieri ha preso servizio rinforzando lo staff

FELTRE. Dall’Emilia al Veneto dove i centri di eccellenza non mancano, ma c’è carenza di medici. Massimo Palmieri ha lasciato l’ospedale San Salvatore di San Giovanni in Persiceto provincia di Bologna (dove era dirigente di primo livello con incarico organizzativo/gestionale degli ambulatori), e ha scelto di portare al Santa Maria del Prato quarant’anni di clinica cardiologica, con specializzazioni in aritmologia e in medicina dell’emergenza traumatologica come medico della Federazione motociclistica italiana affiliata al Coni.

A 65 anni Massimo Palmieri ha deciso di rimettere il suo mandato nel Bolognese per prestare servizio a Feltre dove, da lunedì, arricchisce la squadra di cardiologia diretta da Aldo Bonso. Il professionista, fresco di specializzazione, era stato medico co-fondatore del reparto di cardiologia e di unità coronarica dell’ospedale Maggiore di Bologna. E ha un curriculum di tutto rispetto, oltre alla determinazione di diventare cardiologo fin dall’adolescenza, decisione maturata dopo aver assistito alla morte del nonno in una località di montagna.

«Sono veneto di origine e conosco il bellunese per storia famigliare, mio padre ai tempi del Vajont lavorava nell’alto bellunese», spiega il dirigente che ha preso casa nei dintorni di Pedavena apprezzando peraltro «la grande accoglienza che mi è stata riservata, dentro e fuori l’ospedale feltrino». Ma quello che davvero ha determinato la scelta di stabilirsi nel feltrino, almeno fino al raggiungimento dell’età pensionabile, è stato l’allarme carenza medici. «Leggendo le cronache locali del bellunese e le pagine del Veneto sono rimasto colpito dal fatto che in montagna difficilmente arrivassero medici. Io ci ho fatto la firma, invece. Mi sono messo in contatto con la direzione e con il primario Bonso che conoscevo bene come eccellenza della cardiologia veneta, e approfittando delle opportunità della mobilità, ho chiesto e ottenuto di poter lavorare a Feltre. Dove ho trovato un clima straordinario. Diciamo che il cuore, cioè lo spirito di missione, mi ha riportato a una “regione” dei miei affetti lontani. Non mi manca molto per andare in pensione ma se mi sarà concesso, non ho fretta di andarci e se potrò dare un contributo a una delle terre che mi sono rimaste nel cuore, la mia presenza è garantita». —

L.M.

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