I testimoni sull’Antelao: «Un colpo, poi sono caduti»

BELLUNO. Hanno raffrontato le fotografie dell’Oppel, millimetro per millimetro, alla ricerca di un pezzo di roccia che fosse venuto giù, di un po’ di neve finita addosso ad Enrico e Alessandro, lassù sul canale dell’Antelao, quel maledetto primo di maggio.
Bastava una differenza nei profili delle foto che desse un senso della tragedia, una spellatura che colmasse lo squarcio aperto nel petto dal dolore. Per archiviare l’ipotesi “effetto sapone”: un passo col rampone che non attacca, là in cima, sulla neve che scivola sui lastroni sottostanti. Si perde l’equilibrio e ci si porta via tutto appresso, chiodi, corde e compagno.
Non solo il Soccorso alpino è alla ricerca di un perchè della tragedia sull’Antelao, al di là della prima spiegazione che sia saltato uno degli appigli sui quali il capocordata Alessandro Marengon ed il compagno Enrico Frescura si erano assicurati durante l’ascesa verso la cima. La procura è in attesa dei documenti che chiudano gli accertamenti di carabinieri e Cnsas, benchè non sembra ci sia inchiesta da aprire per quel che sarà archiviato come un incidente in montagna. L’ennesimo, insopportabile brivido che si porta via la vita.
Soccorso alpino e carabinieri di Pieve hanno sentito anche gli scialpinisti della cordata che, a circa 200 metri di distanza, stava facendo lo stesso percorso dei due cadorini e che li ha visti precipitare: un gruppo di tre o quattro piemontesi in vacanza sulle Dolomiti che hanno assistito alla tragedia e poi hanno dato l’allarme.
I due ragazzi di 28 e 31 anni di Domegge erano legati l’uno all’altro: a un tratto il gruppo di piemontesi ha sentito un colpo molto forte e ha visto i loro corpi precipitare, là di fianco, lungo il canalone: «Si tratta di una cordata che si trovava a circa 200 metri sotto Alessandro ed Enrico» spiega Alex Barattin, responsabile del Cnsas Bellunese, «li hanno visti cadere giù di fianco a loro: una delle ipotesi è che sia caduto materiale, perché lì è un colatoio (due anni fa una frana fece una vittima e dopo c’erano cedimenti giornalieri, ndr). Il gruppo di persone del Piemonte era in gita e per fatalità si è trovato lì, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, perchè non vorresti mai che accadano queste tragedie e non vorresti mai assistervi». I piemontesi hanno dato l’allarme: ma hanno dovuto trovare prima un campo per i cellulari, verso la cima.
Una ipotesi di lavoro è che sia saltato un appiglio o che sia caduto del materiale; un altro è che i due, partiti dalla capanna alpina a notte fonda, abbiano attaccato l’Oppel dopo 3 ore e mezza. «C’è il sospetto che sia caduto materiale dall’alto, da sopra» spiega Rodolfo Selenati, responsabile regionale del Cnsas. «È un tratto molto esposto e basta un nulla. Abbiamo raffrontato le immagini per vedere se ci fosse qualche cambiamento nelle rocce, ma non si capisce. Alla fine cosa sia successo lo sanno solo loro, i due ragazzi. Ma basta un nulla, salta l’ancoraggio, ti piombano giù neve o sassi... per me comunque la cosa non cambia: abbiamo perso due validi ragazzi, i genitori piangono due giovani che avevano una vita davanti, è questo l’esito finale della vicenda». Alessandro Marangon davanti, Enrico Frescura dietro: “salta” qualcosa e saltano entrambi con chiodi e appigli che vi fossero.
“Vertikal”, alp, #nevedura albe e maree di nuvole dalle quali affiorano solo le cime, #snow, #freddosemprefreddo: “sopra a tutto sopra a tutti” scriveva “enryfresh”, Enrico Frescura, nelle sue foto di Instagram... «Te ne sei andato, troppo presto, sulle montagne che amavi tanto. Siamo tutti senza parole» è il commento di un amico. «Semplicemente inseguendo un sogno» scrive lui a un passo dalla cima. Per non smettere mai di vivere.
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