I bimbi portano piatti e bicchieri e l’elementare è “plastic free”

. Se prendiamo il peso di due piatti, un bicchiere e due posate e li moltiplichiamo per le 65 persone che li usano e li gettano quattro giorni a settimana per un intero anno scolastico, otteniamo, grammo più grammo meno, circa 3 quintali di plastica. Un peso (non solo fisico) che si può ignorare “perché tanto è così dappertutto” o provare a ridurre “perché ciascuno può e deve fare la propria parte”.
Alla scuola elementare “don Giacomo Mezzacasa” di La Valle Agordina stanno percorrendo la seconda strada. E non vuol dire che siano arrivati. Anzi, mettono le mani avanti: «È un tentativo», dice una maestra, «un percorso che deve ancora assestarsi. Vediamo dove approdiamo».
L’importante, comunque, è che l’orizzonte sia vasto. Quello delle elementari lavallesi ha i colori della cittadinanza attiva e si disegna partendo da questioni sollevate dal basso a cui si risponde con il contributo di tutti. «Nelle riunioni di interclasse di inizio anno», dicono le maestre, «assieme ai genitori ci siamo chiesti cosa potessimo fare per evitare, al termine della mensa, di riempire di plastica quei sacconi enormi che non ci stanno neanche nei cassonetti».
La radice del problema è facile da intuire ed è la stessa per tantissime mense scolastiche. Un piatto per il primo, uno per il secondo, un bicchiere, una forchetta e un coltello: tutto di plastica, tutto fornito dalla ditta assieme ai pasti. All’incirca fanno 33 grammi per ogni persona che mangia. A La Valle siedono a tavola dal lunedì al giovedì 61 bambini a cui si aggiungono a rotazione 4-5 insegnanti. Usare, come alternativa, le stoviglie di ceramica era impensabile perché al momento non ci sono né gli spazi, né il personale per poterle lavare quotidianamente. Più fattibile è sembrata la proposta di dotare il bambino di un kit di plastica dura da portare ogni giorno a scuola e da riportare poi a casa. Ognuno doveva attivarsi personalmente, fatta salva la possibilità di continuare a usare le stoviglie di plastica usa e getta che la ditta che fornisce i pasti continua a garantire. Non è stato imposto niente a nessuno.
Qualche critica e perplessità iniziali ci sono state, ma a circa tre mesi dall’inizio della sperimentazione i risultati sono più che buoni, anche grazie al supporto e alla collaborazione dell’amministrazione comunale che ha in capo la gestione della mensa. «Al momento praticamente tutti i bambini hanno aderito alla proposta », dicono le maestre, «c’è chi viene con un kit richiudibile ermeticamente, chi con altri sistemi, qualcuno ha fatto uso di piatti biodegradabili. Tutti, comunque, avevano già una stoviglia utile allo scopo: la tazza che avevano ricevuto in omaggio lo scorso anno da LatteBusche nell’ambito della campagna “Più latte a scuola”».
Così alla fine di ogni pranzo i piatti vengono puliti e riportati a casa dove saranno lavati in maniera più approfondita e preparati per il giorno successivo. Problemi? Al momento non sembra proprio. «L’obiettivo nostro e dei genitori», concludono le maestre, «era quello di fare qualcosa che avesse una ricaduta, di andare oltre le chiacchiere e gli slogan sull’abuso della plastica. Certo: è un’attività che richiede impegno da parte dei ragazzi e delle famiglie in quanto devono pulire ogni giorno il proprio kit e poi ricordarsi di portarlo a scuola. Ma è anche un modo per tarare le nostre priorità, individuali e collettive, e per renderci consapevoli che col piccolo contributo di ciascuno si possono ottenere risultati considerevoli». –
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