Hotel de la Poste e Manaigo la storia di una famiglia

«Il turismo è cambiato, sta ancora cambiando molto rapidamente. Anzi, è sbagliato parlare di turismo, meglio concentrarci sui turismi. E la tradizione non basta più a competere a livello internazionale se non si coniuga con l’innovazione».
Discendente dei fondatori dell’Hotel de la Poste a Cortina, Gherardo Manaigo, classe 1968, lo dirige dal 2010 insieme alla cugina Michela: «Parlare del Posta», spiega Manaigo, «significa parlare della storia della nostra famiglia; il legame dura da quando Silvestro Manaigo (1769-1831) ottenne la licenza dalla Comunità d’Ampezzo di gestire un’osteria. La concessione, che sarebbe durata sei anni, con possibilità di rinnovo, iniziò il primo novembre 1804. Doveva scadere il 30 ottobre 1810, ma la storia dice che quella licenza è arrivata fino ad oggi». «La vicina chiesetta di Santa Caterina», prosegue, «venne sconsacrata, poi subì un incendio per mano delle truppe napoleoniche e pare che il muro perimetrale del famoso American Grill Bar, sia proprio quello originale della chiesa. Poi dal 1804 ad oggi, come in una staffetta, il testimone è passato ininterrottamente nelle mani di ben sette generazioni».
Come si promuove Cortina?
«Dall’interno, lavorando per evitare ulteriore spopolamento e garantendo i servizi che negli anni sono stati chiusi o spostati. Io ero ragazzo quando qui avevamo la Prefettura e l’Agenzia delle Entrate... Ma Cortina ha il suo appeal ancora intatto e dobbiamo lavorare su questo e poi sui grandi appuntamenti, avendo la fortuna di esserci conquistati i Mondiali 2021 e le Olimpiadi 2026. E sulla ricettività, andando incontro alle diverse esigenze dei tanti tipi di turismo».
Un esempio?
«Noi al Posta abbiamo ospitato, per fare un esempio, una grande manifestazione internazionale di curling, con oltre 320 partecipanti da tutto il mondo; ma poi ci sono i biker, con bici da strada da 20 mila euro, che chiedono di essere ricoverate in garage sicuri e vigilati; i motociclisti; gli amanti delle auto storiche; i golfisti che arrivano fin dalla lontana Thailandia; i gastro-nauti in cerca di una degustazione particolare. E poi i tradizionali appassionati della montagna. Tutto serve a destagionalizzare gli arrivi, ad arricchire la nostra proposta. Anche la musica».
Resta il problema di come si arriva a Cortina.
«E non è un problema da poco. Ci sono camion che la attraversano andando dal Nord Europa verso la pianura; bilici che viaggiano per liberare i boschi dal disastro Vaia; macchine che arrivano da ogni dove. Si pensi che, in stagione, vengono a lavorare qui, nel solo settore alberghiero, 2.800 persone. Poi ci sono i cantieri per i Mondiali e in seguito ci saranno quelli per le Olimpiadi. Insomma la strada statale è sotto stress, è inevitabile».
Come se ne esce?
«Un piccolo aiuto potrebbe darlo l’aeroporto, di cui propongo la riattivazione. E la nostra idea nasce da studi ben precisi su dove va il turismo e che ci dicono che per portare un certo tipo di clientela devi essere veloce nei collegamenti; che la riduzione della popolazione in Europa ci obbligherà ad avere sempre più turisti da altri continenti; che per farli arrivare qui bisogna essere collegati con gli aeroporti di Venezia, Treviso, Verona, Milano, ma anche di Monaco di Baviera e Innsbruck».
Quindi cosa proponete?
«Dei Commuter regionali, aerei turbo elica fino a 19 posti, che facciano la spola fra questi hub aeroportuali e il nostro piccolo scalo di Fiames, che esiste già per fortuna sulle carte aeronautiche. Basterebbe una delibera per essere operativi e vincere sul tempo la concorrenza di altre stazioni invernali, che sono già venute a studiare il nostro progetto».
Che speranze avete?
«Il progetto esiste, siamo pronti e per il Comune si tratterebbe anche di incassare un milione di euro all’anno fra tasse di imbarco e sbarco e tassa di soggiorno, con un indotto per tutta la comunità sui 30 milioni di euro all’anno».
Torniamo alla sua attività principale, il Posta...
«La stagione è andata bene, abbiamo fatto tante iniziative e siamo molto impegnati adesso nelle fiere per presentare il nostro prodotto».
Problemi?
«I costi. Si pensi che solo di acqua paghiamo 30 mila euro all’anno; poi l’elettricità e il personale che viene da fuori».
Quante persone lavorano con voi?
«36 in estate e 48 in inverno, molti stranieri: facchini croati, donne ai piani dall’Ucraina, cuochi da tutta Italia».
Sono molti comunque gli alberghi in fase di restauro.
«Sì e questo grazie al progetto Montagna veneta della Regione. Per la prima volta dal dopoguerra sono stati stanziati contributi a fondo perduto per la montagna. Dobbiamo continuare su questa strada, Cortina per le Olimpiadi deve essere splendente». —
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