Hitler - Mussolini, i misteri del complotto di villa Gaggia

BELLUNO. Se quel 19 luglio del 1943 il progetto di insurrezione antifascista non si fosse arenato sarebbero potute cambiare le sorti della storia?
Se l’incontro tra Adolf Hitler e Benito Mussolini si fosse svolto in modo diverso quali ripercussioni ci sarebbero state sulle vicende legate al secondo conflitto mondiale? La storia non si fa con i “se” e con i “ma”.
Lo sanno bene gli organizzatori dell’evento che si è svolto ieri mattina a Porta Dojona in occasione del 70° anniversario dell’incontro tenutosi a Villa Gaggia, alle porte di Belluno, tra i due dittatori, l’uno tedesco e l’altro italiano. E infatti la mattinata non ha voluto essere un modo per valutare quelli che avrebbero potuto essere i risvolti di quell’incontro, se fosse stato differente da quel che la storia ci racconta.
L’Associazione nazionale famiglie caduti e dispersi in guerra, in collaborazione con Isbrec, Fai, assessorato alla Cultura del Comune di Belluno, ha piuttosto pensato a un evento volto a ricordate le tantissime persone che, non solo nel secondo conflitto mondiale ma in tutte le guerre, hanno perso la vita. «Oggi non parliamo di quel 19 luglio di 70 anni fa per celebrare Hitler, Mussolini o il loro incontro», ha sottolineato Luciano Padovani, «ma vogliamo ricordare tutte le vittime che, con le loro scelte, i due dittatori hanno provocato». E non si è mancato di parlare di quel complotto antifascista che rimane uno dei misteri che circondano la vicenda di Villa Gaggia.
Un complotto organizzato da un gruppo di bellunesi - Armando Bettiol e altri del Pd’A, Nino Piazza del Pci, il maggiore degli alpini Del Vecchio – e che, all’ultimo momento, andò in fumo. «Forse sarebbe importante non tanto sapere da dove e da chi partì l’ipotesi di insurrezione», ha detto ancora Padovani, «quanto piuttosto capire come un gruppo di ragazzini di 20 anni sia potuto venire a conoscenza di quell’incontro tra Hitler e Mussolini».
Le ipotesi sono diverse: una è che l’ordinanza del 24 giugno 1943 inviata dalla polizia a tutti gli organi istituzionali e non solo fosse stata difficile da mantenere in segreto. Un’ordinanza con cui, in vista dell’incontro tra i due dittatori, si stabilivano tutti gli accorgimenti di sicurezza da adottare per evitare un qualsiasi attentato, dal controllo dei tombini e delle buchette della posta, alla perquisizione persino di preti e frati, sotto le cui tonache potevano celarsi armi di ogni tipo. «L’attentato sarebbe stato un suicidio», ha commentato Dino Bridda, autore ieri di un excursus storico sull’evento di 70 anni fa. «Ora ci chiediamo: era meglio pagare quel tributo di sangue piuttosto che pagare quello, ancor più amaro, alla fine della guerra, nel 1945? Il contrordine arrivò dal Vaticano? Non ci è dato saperlo». Presente ieri anche il figlio di uno degli organizzatori del complotto: Luciano, il cui padre era Nino Piazza. «In un mondo che si dimentica un po’ tutto», ha evidenziato, «è bene che si ricordi un episodio come quello di Villa Gaggia. Io non ero ancora nato, sono del 1946».
E tra i tanti misteri e incertezze su quell’“inutile incontro”, un dato certo è rimasto: «Quelle 27 mila, 243 lire e 27 centesimi», ha ricordato Padovani, «che restarono da pagare ai bellunesi, per fiumi di spumante, birra e cibi vari forniti in occasione dell’incontro. Soldi che furono fatturati dopo oltre un anno. Due anni per il fotografo Burloni». «Ricordare la guerra non è bello», ha affermato l’assessore alla Cultura Claudia Alpago Novello, «ma solo guardando al nostro passato, anche agli eventi più brutti, è possibile proiettarsi nel futuro costruendolo in modo migliore». All'evento c'era anche il prefetto di Belluno Maria Laura Simonetti, che ha messo in risalto l’importanza di una collaborazione sta istituzioni e mondo del volontariato, «che possono portare a giornate importanti come quella di oggi». Nel pomeriggio le visite guidate a Villa Gaggia e al suo Parco.
«Chissà se in qualche stanza», si è chiesto Bridda, «si sentirà riecheggiare la voce di Hitler e le parole di quello che era stato un suo monologo».
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