Gli orrori patiti nei campi rivissuti nella cerimonia a Pieve

Il figlio di un internato militare in Germania ha tenuto l’orazione ufficiale presente anche Lucio Sopracolle di 96 anni, superstite dei lager 

PIEVE DI CADORE. «La giornata della Memoria è stata voluta dal parlamento italiano che nel 2000 ha approvato una legge apposita», ha affermato nel suo intervento, Giovanni Monico, figlio di un internato militare in Germania, oratore incaricato dai Comuni di Pieve e Calalzo di dare un significato al ricordo dei deportati e dei caduti nei campi di concentramento nazisti. «Da questa legge è nata nel 2005 su delibera delle Nazioni Unite la Giornata mondiale della Memoria. Il fatto che il nostro parlamento abbia anticipato di 5 anni l’Onu, mi fa sentire orgoglioso di essere italiano».

E questo orgoglio è emerso sia durante la messa celebrata dall’arcidiacono nella chiesa di Santa Maria, che nella breve e semplice cerimonia che ha concluso la celebrazione della giornata attorno al monumento dedicato agli ex Internati militari. Un orgoglio ma non un vanto, perché alla partecipata funzione religiosa resa commovente dalle parole di monsignor Soravia, si sono ritrovati tutti gli attori ai quali la storia sta delegando la grande responsabilità di mantenere vivo il ricordo di quegli eventi: dalle amministrazioni comunali, ai rappresentanti della politica, alle Forze Armate in servizio e in congedo, ai carabinieri, ai vigili del Fuoco, alle anime del volontariato.

L’orgoglio è stato quello di poter ricordare le persone scomparse e il motivo del loro sacrificio. Era presente anche Lucio Sopracolle, che sorretto dalla figlia – compie 96 anni l’11 febbraio – ha seguito la funzione e si è commosso quando allo scambio del gesto di pace, il celebrante è sceso dall’altare per ringraziarlo della sua presenza. Non c’era invece l’altro superstite, Guido Coletti– 96 anni a maggio – che si è fatto rappresentare da un figlio. Al termine della funzione religiosa si è formato il corteo che con il gonfalone del Comune di Pieve e le bandiere in testa, ha raggiunto il monumento degli ex internati.

Qui è stata deposta una corona d’alloro e Giovanni Monico ha tenuto il suo intervento. La sua non è stata una orazione di circostanza, ma anzi le sue parole hanno lasciato trasparire un dolore profondo, perché il solo parlarne di quei fatti, anche se lontani, li fa tornare a galla e riporta alla mente quanto patito allora. L’oratore si è affidato ad alcuni scritti sconvolgenti, un brano ha colpito tutti, per la sua crudezza, ma anche perché la persona dopo sofferenze inenarrabili, non cerca la vendetta, ma prova solo amore per il prossimo.

«Sono stato un povero soldato che ha cercato di fare il proprio dovere. Ho subito umiliazioni inenarrabili. Sono stato oggetto di disprezzo. Sono stato preso a bastonate e sputi. Ho resistito. E sono sopravvissuto quasi per caso». La conclusione è stata delle violoncellista Elena Migneco. —

Vittore Doro

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