Giuseppe ed Emilio, ragazzi morti davanti al Santuario

I due giovanissimi alpagoti sono ricordati nella chiesa della Madonna del Runal. Il 10 novembre 1917 vennero uccisi da una bomba austriaca raccolta da loro

FARRA D’ALPAGO. La prima guerra mondiale ha significato non solo monumenti e atti eroici militari. Tra le giovani vittime innocenti, causate dai combattimenti che il 10 novembre 1917, sotto il peso dell’offensiva austriaca, hanno interessato le colline di Farra d’Alpago e i boschi che salgono al Cansiglio, ci sono anche due ragazzi di 15 e 8 anni, Giuseppe Vich ed Emilio Zoppè.

Le loro epigrafi accolgono i visitatori all’ingresso del santuario della Madonna del Runal, immerso tra gli alberi, lungo il ripido sentiero che sale a Campon, e meta ogni anno di pellegrinaggi e ricorrenze da parte dei fedeli.

Cosa accadde al santuario del Runal, alle 15 del pomeriggio del 10 novembre 1917 è riportato, sebbene parzialmente, nella trascrizione dell’atto di morte dei due ragazzi sui registri comunali di Farra e su quelli della parrocchia del paese. Quello che è certo è che Giuseppe ed Emilio furono uccisi sul colpo dallo scoppio di un ordigno austriaco (ma nemmeno questo è sicuro, anche se è probabile) che uno di essi, o entrambi, aveva raccolto sulla soglia o nei pressi della chiesa.

Grande Guerra, i momumenti raccontano: gli articoli e le foto
La campana dell'amicizia sul monte Piana, teatro di sanguinosi scontri

Perché i due giovani si trovassero in quel luogo però sono solo supposizioni. Le loro famiglie vivevano a Buscole e a Pianture, i genitori erano braccianti contadini, muratori e falegnami. Forse, in quei due giorni di combattimenti forsennati, i loro parenti avevano pensato che là, tra i boschi, potessero essere più al sicuro. O forse stavano raccogliendo legna nei paraggi e Giuseppe ed Emilio stavano giocando lì intorno in attesa di tornare a casa.

Nessuno in paese sembra più essere al corrente di quanto accadde con precisione quel tragico giorno, quasi sul finire della prima guerra mondiale. «I vecchi sono morti e i monumenti non parlano», dicono da queste parti. Ma qualcuno, che ha ascoltato più attentamente i racconti di guerra del nonno, ricorda ancora quei giorni di guerra sanguinosi. Il 7 novembre 1917 il 5° e 12° battaglione si erano trasferiti a Rivalgo, il giorno successivo avevano raggiunto Termine di Cadore; l'altro battaglione, il 38°, si era portato a sua volta a Rivalgo, respingendo i primi nuclei avversari che armati di mitragliatrici tentavano di infiltrarsi fra le linee italiane.

Durante le prime ore del 9 novembre, il comando del reggimento e il 5° ed il 12° battaglione avevano raggiunto Ponte nelle Alpi; il 12° si era disteso a protezione della testa di ponte, passando alla dipendenza del comando delle truppe che difendevano la depressione di Fadalto e successivamente, nella notte, schierandosi sulle colline di Farra d'Alpago.

Il 38°, giunto a Termine nelle prime ore del 9 novembre, aveva ripreso nel pomeriggio la marcia su Longarone, ma la strada Longarone - Belluno era battuta da mitragliatrici avversarie appostate sulla sponda sinistra del Piave. Il nemico aveva già occupato l'abitato di Villa Faé.

Il battaglione tentò allora di aprirsi la via per non rimanere tagliato fuori: due compagnie attaccarono l'abitato sotto il fuoco di fucileria e delle mitragliatrici riuscendo a sfondare un primo sbarramento nemico e a catturare alcuni prigionieri.

Poi, fatti segno ad un improvviso e insostenibile fuoco proveniente dalle case prospicienti la strada, a cui seguì un violento assalto, finirono con l'essere travolti.

E veniamo al giorno della morte di Giuseppe ed Emilio.  Il giorno 10 novembre il comando di reggimento ed il 5° battaglione riprendono da Ponte nelle Alpi la marcia di ripiegamento su Feltre; il 12°, appena messosi in marcia da Farra d'Alpago, dove si era schierato a difesa della posizione di Fadalto, viene attaccato e circondato da truppe nemiche e dopo un sanguinoso combattimento, in cui trova la morte lo stesso comandante di battaglione, solo un'esigua parte di questo riesce a disimpegnarsi ed a congiungersi alle truppe di copertura.

L’attacco da parte degli austriaci fu portato servendosi dei mortai, che quel pomeriggio avevano preso a battere i boschi di Farra d’Alpago. Per questo l’ipotesi più probabile è che si sia trattato di un ordigno di quel tipo a uccidere Giuseppe ed Emilio.

Non si sa però, non è chiaro a nessuno, se la bomba cadde ed esplose in quel momento, proprio sulla soglia del santuario del Runal, oppure solo dopo che i due sfortunati ragazzi la avevano imprudentemente raccolta. A ricordo di queste due giovani vittime della prima guerra mondiale oggi restano solo queste epigrafi all’entrata della chiesa. Non un monumento militare quindi, ma un monito civile alle generazioni future: basta guerre nel mondo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi