Giovani da Feltre e dall’Agordino: vogliamo vivere qui

Hanno la percezione che il territorio si stia disgregando «La nostra presenza è fondamentale e doverosa»
I manifestanti. Manifestazione contro i tagli in Cadore, con corteo lungo tutto il Ponte Cadore.
I manifestanti. Manifestazione contro i tagli in Cadore, con corteo lungo tutto il Ponte Cadore.

PIEVE DI CADORE. Ci sono tanti giovani che in montagna vogliono continuare a vivere. Una volontà che è stata testimonianza dalla presenza di numerosi ragazzi e ragazze, un po’ da tutta la provincia. «La montagna non deve morire», ha detto Katia Zandanel, presidente Consulta giovanile opportunità Cadore-Comelico, «e noi vogliamo poter costruirci qui un futuro. Il 90% dei giovani con cui mi trovo a parlare ha il desiderio di restare a vivere dove è nato. Per questo è fondamentale che ci sia l’impegno di tutti perché vengano create le opportunità che lo permettano. Anche perché se la montagna muore si sentiranno le ricadute pure in pianura».

E in rappresentanza del mondo giovanile si è mossa anche la realtà feltrina. Sul Ponte Cadore c’erano Andrea Nascimbene, presidente della Consulta di Feltre, Seren del Grappa e Pedavena, e Laura Cappellari, consigliere del Comune di Pedavena. «Al di là della provenienza», ha sottolineato a gran voce Nascimbene, «noi ci sentiamo bellunesi. E noi giovani abbiamo un tema comune che ci tocca molto, quello del lavoro. Stiamo combattendo da anni come Consulta a livello provinciale». La preoccupazione deriva anche e soprattutto dal fatto che c’è la percezione che il territorio si stia disgregando. «Qui in provincia di Belluno si crea un effetto a catena», ha continuato, «se inizi a rompere gli equilibri in una parte della provincia poi la rottura si riversa da un’altra. E si creano precedenti pericolosi».

E insieme a Federico Soccol, presidente della Consulta di Zoldo, Nascimbene e la Zandanel sono stati concordi nel ribadire un messaggio: «Tutte le valli del nostro territorio hanno lo stesso valore ed è importante che venga ribadita la dignità di ognuno. E non solo: la possibilità di vivere con dignità la nostra terra». Piena di giovani era anche la corriera arrivata dall’Agordino. «La nostra presenza qui è fondamentale e doverosa», ha ribadito Denni Dorigo, «perché quello che sta vivendo ora l’ospedale di Pieve lo abbiamo vissuto noi in Agordo. La realtà è che gli ospedali di montagna non garantiscono più il servizio 24 ore su 24. Un problema che pregiudica l’esistenza e l’utilità stessa del servizio». Il giovane Dorigo, come tanti altri ragazzi suoi coetanei, vede poi il dramma della vita di confine. «Io sono di Livinallongo e mi rendo conto delle differenze. Le vedo praticamente tutti i giorni. Nelle aree appena al di là della nostra provincia vengono date opportunità affinché i giovani possano rimanere sul territorio. Da noi si continua a non capire che alla base di tutto ci sono i servizi. Se non ci sono i servizi la montagna va a morire e per forza i giovani se ne vanno». (m.r.)

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