Ghedina si racconta: «Una volta ho avuto paura anch’io...»

L’ex discesista ampezzano ha intrattenuto un centinaio di utenti durante l’incontro on line organizzato per la Festa di Don Bosco 

Ghedo on line

Luca Maciga

Kristian Ghedina si racconta. Episodi inediti, l’infanzia, la famiglia, lo sport, la vita da novello padre e molto altro. È accaduto martedì sera in occasione dell’incontro on line “Bisogno di sport, bisogno di socialità, bisogno di valori. Sport per tutti o per i campioni?”, organizzato dall’Istituto Agosti nell’ambito dei festeggiamenti di Don Bosco. Un centinaio gli spettatori.

Il “jet cortinese” ha rotto il ghiaccio con un video di 7 minuti che sintetizza la sua vita. Si vede un Ghedina che gioca a calcio, va sul bob e salta dietro casa. Poi, accompagnato dalla giornalista Elisa Calcamuggi di Sky, “Ghedo” racconta i primi podi in Coppa del mondo, le innumerevoli “pazzie sugli sci” e l’episodio del capriolo che entra in pista mentre lui gareggia sulla Sass Long. Nella parte finale del video lo si vede a scuola, «la bestia nera dei miei genitori», sottolinea sorridendo. E a proposito di scuola: «L’altro giorno sono entrato all’Agosti per la prima volta e ho notato che ci sono campi da basket, calcio e calcetto. Tanti bambini giocavano. Ai miei tempi si giocava in corridoio con la pallina di carta durante la ricreazione e talvolta si veniva rimproverati dall’insegnante».

Ghedina si sofferma sul fondamentale ruolo di mamma e papà: «Mio padre era ed è una persona molto previdente, mia mamma, invece, aveva un carattere simile al mio. Mi supportava in quasi tutto, ma quando andavo un po’ oltre, anche lei mi tirava le orecchie. I miei genitori sono stati fondamentali per darmi dei limiti».

Immancabile il ricordo della spaccata sulla Streif di Kitzbuehel, che ha relegato Ghedina nella leggenda dello sci: «In molti mi chiedono di raccontare questo episodio. Sì, è stato un gesto estremo, ma non mi pento di niente: se si è consapevoli delle proprie potenzialità e sai che puoi fare una certa cosa, perché non farla? Ancora oggi mi ritengo una persona a cui piacciono le sfide. E di solito le vinco».

La serata prosegue trattando i temi del gioco come processo di sviluppo, luogo di apprendimento, modo per autoregolarsi e come esperienza insostituibile fino ai 21 anni. Certo è che con il tempo i giovani sono cambiati e a tal proposito il cortinese si rapporta con gli sciatori attuali: «Oggi c’è un’influenza particolare da parte dei social, io invece sono un po’ all’antica, non so neanche come si fa un post. Gli atleti, appena terminata una gara, si premurano di esternare le proprie emozioni sui vari canali social. Quando il sottoscritto era giovane, invece, pensava solo a divertirsi, alla partita a calcio e a giocare ad hockey».

Infine, le sensazioni dopo l’incidente stradale: «A un certo punto ho avuto davvero paura di non poter tornare sugli sci. Provando a bruciare le tappe, ero salito in bicicletta e dopo mezza pedalata sono caduto. Pensavo fosse colpa di un sasso che mi aveva sbilanciato. Così ho fatto un’altra pedalata e sono caduto nuovamente. Mi sono detto: come è possibile tutto questo? E mi è caduto il mondo addosso. Per la prima volta ho avuto paura».

La psicologa Marcella Bounous ha chiuso la serata raccontando un simpatico confronto tra personaggi dello sport: «Durante un progetto con l’Associazione Calciatori, ho messo a confronto due interviste: una all’allenatore Mourinho, l’altra a Ghedina. Il tecnico dice: “La paura non esiste”. Kristian invece sottolinea: “Io ricerco la paura, perché è quella sensazione che mi porta a vincere”. Ha ragione Kristian, la regolazione emotiva è alla base di ogni performance». —

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