Fallimento Bcc: «Nessun boicottaggio politico»

Luigi Curto
BELLUNO.
E' un peccato che la Banca di Credito cooperativo di Belluno e Feltre non sia riuscita a partire, ma non si dica che si è trattato di un "boicottaggio politico". Lo sostiene l'Unione artigiani e piccola industria di Belluno, «la prima, e per moltissimi mesi l'unica, associazione imprenditoriale a sostenere concretamente la nascita della Bcc», spiega il presidente Luigi Curto. Ma perchè non si è raggiunta la fatidica soglia dei 5 milioni? L'Uapi fa una sua analisi. «E' senz'altro vero», dice Curto, «che qualche errore è stato commesso, come sopravvalutare l'adesione entusiastica dei bellunesi, cosa che ha spinto il Comitato promotore a partire con un gruppo ristretto di privati, cercando solo dopo il sostegno dei corpi intermedi». Un altro errore, forse, «è stata l'eccessiva estensione territoriale, perché questo tipo di banche parte di regola da una realtà più contenuta e più omogenea, dove i rapporti e gli interessi personali sono molto più immediati e definiti». E non si può dimenticare «la situazione di grande difficoltà in cui gli imprenditori si dibattono da oltre due anni, circostanza che ha spento molti entusiasmi», afferma Curto. «E' però innegabile che se un centinaio di imprenditori medio-grandi o di liberi professionisti si fossero impegnati a versare i 50.000 euro di quota massima sottoscrivibile, la banca sarebbe partita». L'Uapi non è d'accordo su un punto con l'analisi dei "perchè" fatta dal Comitato promotore: il fatto che il progetto sia stato boicottato per ragioni "politiche" (Giorgio Azzalini aveva detto che nella sigla Bcc una parte dei bellunesi avrebbe letto "banca catto-comunista"). «E' un'analisi vittimistica e soprattutto infondata», chiarisce Curto, «come dimostra il sostegno dato all'iniziativa da sindaci e amministratori del centrodestra, così come dai tanti piccoli imprenditori che hanno apprezzato la bontà dell'idea, senza preoccuparsi del vissuto politico del presidente del Comitato. Del resto, le banche di credito cooperativo non sono politicamente etichettabili, tant'è che risulta difficile qualificare come catto-comuniste le comunità della Val di Fassa, del Primiero o di Cortina che pur si tengono ben strette questi istituti». «Trovo di cattivo gusto», conclude Curto, «cadere nel difetto tipico degli italiani di volere incasellare tutto dentro gli schemi delle appartenenze. Una banca di credito cooperativo nata e gestita dai bellunesi era e resta un bel progetto, utile alla crescita sociale, culturale ed economica di questa provincia. Era la prima volta che ci si provava e chissà che quest'esperienza non serva a riprovarci in tempi migliori». (a.f.)
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