Ex lavoratori della Csc in Birreria pensando alla Libia di ieri e oggi

Il pranzo degli ex dipendenti della Csc, domenica in birreria a Pedavena
Il pranzo degli ex dipendenti della Csc, domenica in birreria a Pedavena
 PEDAVENA.
Erano in più di 250, venuti da tutta Italia, per partecipare al consueto pranzo conviviale durante il quale condividere ricordi di vita degli anni trascorsi a lavorare in Libia.  Da sedici anni infatti gli ex dipendenti della Csc di Lugano (Costruzioni strade civili, ramo alla Cogefar, Costruzioni Generali Farsura di Milano), organizzano questi ritrovi in varie parti d'Italia. L'anno scorso la meta scelta è stata Firenze, quest'anno - domenica scorsa - il raduno si è tenuto a Pedavena, in Birreria. Anche perché molti degli ex lavoratori sono veneti, e alcuni provengono anche dalla provincia di Belluno: come Massimo Moretti di Sospirolo, uno degli organizzatori. Con lui, Ivano Moretti si è raccontato brevemente, tornando con la memoria agli anni che dal '67 al '75 lo hanno visto impegnato nella costruzione di «strade, aereoporti militari, case in molte parti della Libia: ogni tre o sei mesi tornavamo in Italia, ma laggiù si viveva e si lavorava bene».  Dopo il colpo di stato di Gheddafi, che nel '69 ha rovesciato il monarca Idris I, la vita è cambiata. Sul dittatore e sugli scontri coi ribelli a cui assistiamo da settimane, Moretti risponde: «Lui ha preso il potere con la violenza: il pane rende pane».  Più esplicito l'ingegnere Arrigo Galli: «A Gheddafi dovevano dargli prima le bastonate». Anche se pare che, dopotutto, la vita non fosse così dura all'inizio della dittatura. «La sanità era gratuita», racconta Luigi Pelli, «ma una dittatura è pur sempre una dittatura. Eravamo controllati (lavoravano anche a imprese militari, ndc), ma non ho mai avuto problemi, l'importante era rispettare le regole».  «Ho fatto il capo mensa per 17 anni in diversi cantieri della Libia», dice Carlo Simoni. «Ho visto i bombardamenti degli americani e degli egiziani: a Cufra ci hanno distrutto le piste degli aeroporti. Non avevo paura, ma un po' di timore sì. E' un dispiacere, perché ci ho vissuto benissimo, anche se non si poteva bere e nemmeno andare a donne». La cuoca Olimpia Da Ros conserva bei ricordi dei cinque anni trascorsi nel nord Africa. «Mi hanno sempre rispettata molto, forse più i libici di alcuni italiani. Sono stata sempre molto bene».  Attualmente la guerra in Libia sta vedendo il bombardamento di postazioni militari, alcune delle quali sono certamente state costruite dai dipendenti della Csc. Al pranzo doveva partecipare anche il vescovo di Bengasi Martinelli, ma a causa del conflitto in atto, è stato costretto a restare in Libia.

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