Estorsione all’Arredogel assolto gelatiere pugliese

BELLUNO. In aula non è stata raggiunta la prova che l’imputato, Paolo Scarpone, classe 1957, gelatiere pugliese in Germania (difeso dall’avvocato Anna Casciarri), sia stato il mandante del tentativo di estorsione di 85.000 euro ai danni dell’imprenditore bellunese Giulio Gamelli, amministratore dell’ex Arredogel di Longarone. Da qui l’assoluzione. La vicenda parte dall'incarico di Scarpone all'Arredogel di arredargli una gelateria in Germania. Versa 100.000 euro di caparra, in un finanziamento di cinque anni. L'accordo prevedeva la restituzione della caparra, nel caso di regolare pagamento delle rate, cosa che non avviene - malgrado la puntualità - perché Arredogel è in difficoltà.
Nel gennaio 2009 Gamelli esce di casa e incrocia due persone, alle quali la moglie non avevo aperto. In ufficio cominciano ad arrivargli delle telefonate, con la richiesta di soldi. Inizialmente da un anonimo, con accento campano, che sarà indicato come Raffaele Indaco, un dipendente campano di Scarpone in Germania (che ha già patteggiato un anno e 10 mesi). A una delle chiamate, questa in viva-voce, assisteranno i carabinieri di Longarone. Scattano le intercettazioni telefoniche. I carabinieri registrano anche sei telefonate tra Scarpone e Indaco nelle tre settimane, comprese fra il 23 gennaio e il 16 febbraio. Eppure il gelatiere aveva detto a Gamelli di non sapere niente del tentativo di estorsione e che eventualmente bisognava denunciare il fatto alle forze dell’ordine.
Il pubblico ministero Sandra Rossi ha chiesto, al termine della requisitoria, una condanna dell’imputato a 4 anni di reclusione.
Secondo le tesi difensive, Indaco dopo aver appreso la notizia del fallimento della ditta bellunese, approfittò della situazione e, spacciandosi per inviato di Scarpone, tentò invano di spillare il denaro a Gamelli. Solo che, pur sapendo che Scarpone avanzava una consistente somma, non ne conosceva la cifra esatta. È questo uno dei punti sui quali l’avvocato Casciarri, nel corso di una chiara ed incisiva arringa, ha puntato la sua tesi difensiva.
Secondo l’avvocato, nemmeno nelle telefonate intercorse e registrate dai carabinieri tra Scarpone e l'imprenditore bellunese vi sarebbe stata traccia di un tentativo di estorsione. Tra l'altro, tra Indaco e Scarpone, sempre secondo la tesi difensiva, non sarebbe mai corso buon sangue a tal punto che l’imputato, prima che scattassero gli arresti nei loro confronti per tentata estorsione, sparò alle gambe di Indaco. L’avvocato Casciarri ha anche parlato di “vuoto probatorio” che non avrebbe giustificato una condanna dell’imputato. Tesi evidentemente accolta dal giudice Sergio Trentanovi.
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