Erostrato, prelevato il Dna di Nemesio e Samuele

CESIOMAGGIORE. Test del Dna sugli Aquini. Nemesio e Samuele, i due indagati per il caso Erostrato, non si sono sottratti al tampone salivare, eseguito sabato. Se lo sono fatto passare sulla parte interna di una guancia, in maniera da raccogliere il liquido necessario all’esame di laboratorio. O i due uomini sono sicuri di non c’entrare niente con l’anonimo che dai primi di luglio dell’anno scorso al 22 gennaio ha spedito lettere minacciose, imbrattato muri, incendiato baracche e lasciato il sacchetto di caramelle con gli spilli all’asilo. Oppure sono certi di non aver leccato la chiusura delle buste o il francobollo dell’affrancatura.
L’indagine dei carabinieri serve appunto a verificare la presenza o meno di tracce sulle lettere. Mentre non servirebbero a niente le impronte digitali, non solo perché Erostrato non ne ha mai lasciate, ma perché le lettere sono passate per diverse mani.
E non è nemmeno detto che siano state imbucate a Cesiomaggiore, di sicuro sono transitate per il centro di smistamento padovano di Poste Italiane. Nessuno degli operatori poteva immaginare si trattasse di Erostrato. I destinatari invece hanno cominciato a capire (dopo la prima missiva), di chi erano le lettere.
Il Dna e le due perizie (calligrafica e informatica), che saranno pronte verso la metà di aprile permetteranno alla procura della Repubblica di chiudere le indagini, con la richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio. Le ipotesi di reato contestate vanno dal procurato allarme, al danneggiamento aggravato e tramite incendio e alla tentata estorsione. A quel punto, gli avvocati di fiducia degli imputati, Stefano Zallot e Luciano Perco potranno accedere agli atti e cominciare le indagini difensive. Probabile che dispongano a loro volta delle perizie.
Venerdì i carabinieri avevano sentito Fiorella Vescovo, moglie di Nemesio e madre di Samuele, in caserma. Essendo una prossima congiunta, la donna avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere ed invece ha ascoltato con attenzione le domande dei carabinieri, dando delle risposte a tono, ma che non avrebbero aiutato un granché gli investigatori. Non avrebbe detto cose che ancora non si sapevano su abitudini, spostamenti passatempi dei familiari. È confermato, una volta di più dalla procura, che Vescovo è stata sentita come persona informata sui fatti e non indagata. Insomma, non c’era un avvocato ad accompagnarla e assisterla. Dopo che il 22 febbraio Samuele Aquini non aveva aperto bocca in procura, per ora non sono previsti altri interrogatori.
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