Edili da mesi senza cassa integrazione

Il Jobs Act ha cancellato le commissioni provinciali che sveltivano le pratiche. La denuncia del sindacato Fillea Cgil

BELLUNO. Il Jobs Act? «Una riforma che vale zero». Parola di sindacato, quello della Fillea Cgil, in modo particolare, che si occupa di lavoratori edili. Sono alcune migliaia nel Bellunese, dopo anni di crisi che ha ridotto drasticamente numero di addetti e numero di imprese. Ma sono alcune migliaia di famiglie che dall’autunno scorso si trovano a fare i conti con gli effetti del Jobs Act, la riforma del Governo sul lavoro. «Una riforma che finora ha favorito le imprese, non i lavoratori» spiegano Marco Nardin e Paola Tegner, della segreteria Fillea.

Parlano anche a nome di quei lavoratori che hanno avuto il coraggio (non molti) di segnalare al sindacato quello che sta accadendo.

In pratica molti dipendenti delle imprese edili stanno aspettando da mesi i soldi della cassa integrazione, quella del meteo invernale e anche quella del calo del lavoro.

«Il decreto 148 del 2015 ha cambiato tutto» spiegano i sindacalisti. «Prima c’era una commissione provinciale sull’edilizia, di cui facevano parte sindacati, imprenditori, Ispettorato del lavoro, Arpav, che valutava le richieste di cassa integrazione presentate all’Inps dalle imprese. La commissione, in tempi brevi, un mese e mezzo, dava il via libera all’Inps per pagare la cassa integrazione. Ora, con il Jobs Act, la commissione è stata cancellata e tutto il lavoro ricade sull’Inps. Con la conseguenza che pochissime richieste sono state accolte e pochi lavoratori edili hanno potuto ottenere i soldi della cassa integrazione. C’è chi l’aspetta da mesi, dall’inverno, chi non ha visto nulla o ha visto pochi soldi. Ci sono veri e propri casi sociali, persone che si sono indebitate con le banche e con le assicurazioni».

La commissione provinciale, sottolineano Nardin e Tegner, era composta da persone che vivono sul territorio e che conoscono bene le situazioni delle singole imprese. Potevano quindi intervenire per valutare le motivazioni delle richieste di “cassa”, trattare e sollecitare, difendendo il lavoro e i lavoratori. Così invece, con la scusa di togliere burocrazia «si sono tolte tutele ai lavoratori», aggiungono.

Nel nuovo decreto è anche previsto che in caso di mancanza di lavoro, la cassa venga anticipata dall’azienda che poi va a conguaglio con l’Inps. Ma l’azienda può anche chiedere il pagamento diretto da parte dell’Istituto di previdenza. In tutto questo caos, aziende e Inps si rimpallano le motivazioni dei ritardi: mancanza di decreti attuativi della legge, dice l’Inps, per dare le autorizzazioni, ditte che non vedono le autorizzazioni e quindi non anticipano. La conseguenza? Lavoratori senza sostegno economico da mesi.

Il sindacato li invita a farsi avanti, a raccontare le loro vicenda. Promette di far partire delle vertenze, a tutela dei lavoratori, e chiede anche alla parte imprenditoriale, Confindustria, di darsi da fare «cosa che finora non ha fatto», concludono i due sindacalisti. (ma.co.)

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