E' giallo sul lago del Centro Cadore in secco, ma la siccità non c’entra / FOTO

Le carte parlano chiaro: tutto nasce dalla richiesta (accolta) dell’Enel di forare la diga per costruire una centralina. Intanto il lago è a secco e i pesci muoiono
Il Lago del Centro Cadore in secca. Il Lago visto da Pieve di Cadore.
Il Lago del Centro Cadore in secca. Il Lago visto da Pieve di Cadore.

PIEVE DI CADORE. Perchè il lago del Centro Cadore quest’anno è per larghi tratti a secco? Secondo l’Enel per via dell’eccezionale siccità.

Spiegazione che non convince però i pescasportivi; e, in effetti, almeno stando alle carte, sembrano avere ragione.

E la storia parte da lontano.

Il 18 dicembre 1952 Luigi Einaudi sottoscrisse il DPR di concessione per la derivazione delle acque del Piave, del Boite, del Gallina e del Vajont al fine di realizzare quattro serbatoi della capacità di 64,3 milioni di m3 a Pieve di Cadore, di 58,2 milioni di m3 sul Vajont, di 5,9 milioni di m3 in val Gallina, di 4,26 milioni di m3 a Valle di Cadore. Quei 132 milioni di m3 d’acqua, condotti alla centrale di Soverzene, servivano a produrre una potenza media di 97,287 KW.

Quella concessione di 60 anni è scaduta il 9 dicembre 2007. La SADE, titolare della concessione, si assumeva l’obbligo di pagare i canoni annui fissati in 656 lire sulla potenza totale di 99 mila KW, ovvero 65 milioni di lire dell’epoca.

Nei disciplinari che regolavano la concessione, furono definiti, oltre al canone, anche una riserva d’energia e i sovra canoni dovuti ai Comuni rivieraschi e alla Provincia di Belluno. Furono definiti anche i volumi d’acqua prelevabili dai quattro laghi artificiali. La concessione ricordata è ancora operativa, anche se la titolarità è ora dell’Enel. Le obbligazioni definite allora sono vigenti, sia pure adeguate e modificate più volte. In questo quadro s’inserisce la vicenda dalla quale deriva lo svuotamento del lago di Pieve di Cadore, balzato agli onori della cronaca in questi giorni. Esso è stato più volte associato alla calamitosa siccità che ha colpito la montagna bellunese negli ultimi quattro mesi. La siccità, che ha reso più grave la situazione, non c’entra però nulla.

Come al solito, nelle calamità prodotte dall’acqua (o dalla sua assenza) c’è lo zampino dell’uomo e della sua avidità.

Ecco i fatti (e si faccia bene attenzione alle varie date).

Il 25 gennaio 2011 è convocata una conferenza di Servizi, al Genio Civile di Belluno, per discutere della richiesta presentata dall’Enel, nell’aprile 2008, di forare la diga del lago di Pieve di Cadore al fine di costruire una centralina per usare la portata del minimo deflusso vitale per produrre energia. Il 2 marzo 2009 il ministero delle Infrastrutture rilasciò all’Enel l’autorizzazione, ma chiese di chiarire le quote d’invaso precauzionali (il livello del lago) per eseguire il foro e la tecnica usata per tappare la corona del foro (largo 1,4 metri) visto che s’intendeva inserire un tubo di diametro di 1 metro. Tale guarnizione dovrà reggere una forte pressione quando l’invaso tornerà pieno. Enel inviò il 24 marzo 2011 (protocollo 00136011) gli elaborati dell’ingegner Osvaldo Francescon, in risposta alle perplessità del ministero, e affrontò il resto delle pratiche necessarie per l’autorizzazione. Il 22 luglio 2011 arrivò il nulla osta per la costruzione delle linee interrate per la connessione con la rete fino a Soverzene. Il 5 ottobre 2011 l’ufficio tecnico dighe di Venezia dà il suo nulla osta ai lavori, avendo ottenuto da Enel (protocollo 0038815) la risposta relativa al livello del lago, che si prevedeva di far scendere a 653 metri per l’esecuzione delle opere, ovvero quattro metri sotto l’asse del foro da realizzare.

Enel affermava che il volume disponibile, tra i 653 metri e i 656,30 metri del foro, sarebbe stato di circa 2,1 milioni di m3, più che sufficiente per contenere eventuali piene.

Affermava poi che, nel 2002 e 2003, erano stati raggiunti livelli del lago inferiori (circa 650 metri) a quelli richiesti in quest’occasione. Si ricordava che il livello minimo di regolazione era di 643 metri. Per l’esecuzione di queste opere si prevedeva di ridurre il livello del lago di 32 metri su un totale di 42 teorici di altezza massima. Lo svuotamento è stato di circa 37 milioni di m3 . Il 6 ottobre 2011, visti gli atti, l’Ufficio dighe di Venezia comunica il proprio nulla osta all’opera.

Il 10 ottobre la giunta regionale del Veneto dà parere favorevole all’opera. L’11 ottobre 2011 l’Ispettorato territoriale Veneto del ministro delle Infrastrutture comunica il nulla osta del ministro. I tre soggetti citati comunicarono che avrebbero partecipato alla Conferenza di servizi convocata per l’11 ottobre 2011 alla quale furono presenti Enel Produzione spa con cinque ingegneri, il sindaco di Pieve, che espresse il proprio parere sfavorevole e chiese di acquisire un documento che spiegava la propria opposizione, l’Arpav (favorevole), la Provincia di Belluno, (favorevole).

Assenti altri cinque convocati (ministero Beni e Attività culturali; Veneto Agricoltura; Direzione urbanistica; Unità di progetto energia: Unità di progetto foreste e Parchi e reti ecologiche della Regione Veneto).

Il sindaco di Pieve chiese che fosse definita una convenzione nella quale il 30% degli utili realizzati da Enel fosse dato come compensazione al suo Comune. Il 13 dicembre 2011 c’è la delibera della giunta regionale che autorizza l’opera e le operazioni di svuotamento del lago (DGR 2154 del 13/12/2011, BUR 1 del 3 gennaio 2012).

Da quella data il lago è stato lentamente svuotato. Il motivo per il quale si esegue quest’opera è chiaro: in condizioni di normale esercizio, questa centralina produrrà circa 2,5 milioni di euro di ricavi.

E intanto l’acqua finisce ai consorzi irrigui che ora la chiedono anche quando non devono irrigare i campi poiché hanno costruito turbine idroelettriche lungo tutta la rete di captazione e distribuzione, con le quali producono e vendono energia. Questa però è un’altra storia di agricoltori che diventano produttori d’energia pagando l’acqua sempre allo stesso prezzo irrisorio.

Chi non ha ottenuto nulla sono i quintali di carpe e lucci morti sul fondo del lago, affogati nella melma, e i cittadini dei Comuni rivieraschi ai quali, per questa volta, è andata meglio che ai pesci. Che nessuno dica più che questo lago vuoto è opera della siccità.

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