Dietro l’assalto al bancomat di Arten le famiglie che collaboravano con Maniero

Il Romanzo criminale del Veneto parla anche l’incomprensibile lingua sinti. Quarant’anni dopo sono ancora le famiglie spregiudicate a cui il boss della Mala del Brenta Felice Maniero chiedeva collaborazione a muoversi nello scacchiere criminale con furti a suon di esplosivo. Radames Major, a 66 anni, dopo aver collezionato un rosario di reati, dopo aver scontato quasi mezza vita in carcere, dopo aver perso il figlio Manuel due anni fa nel corso di una sparatoria durante un furto di notte a Vedelago, era ancora lì a muovere la sua batteria di parenti spregiudicati. Nomadi che di nomade non hanno più nulla, se non l’attitudine a spostarsi da un capo all’altro del Nordest per assaltare sportelli bancomat.
Il loro ritmo incalzante aveva indotto i dirigenti di Poste Italiane a ipotizzare addirittura la chiusura degli sportelli nelle ore notturne, una ritirata che non era piaciuta ai tutori dell’ordine pubblico. Nel blitz di venerdì dei carabinieri di Padova e Treviso sono stati trovati oltre 200 mila euro sotterrati nei campi nomadi di Vedelago e Volpago.
sette arresti
Ognuno aveva il suo compito nel gruppo individuato dai carabinieri, guidati dal pubblico ministero di Padova Benedetto Roberti. Jody Garbin, 31 anni, domicilio a Ponzano Veneto, uno dei membri del commando della rapina mortale di Vedelago, era l’artificiere, cioè la figura cardine. Era lui a piazzare l’esplosivo e ad azionare la deflagrazione con una comune batteria d’auto. Accanto a lui c’era subito chi con il piccone doveva abbattere la plancia per arrivare alla cassaforte: Gjarvis Major, 34 anni, di Brugine; Emanuele Garbin, 44 anni, di Vedelago; Vivian Johnny Garbin, 35 anni, di Ponzano. Tra questi c’era anche l’autista, che faceva pure da palo. Due vecchi arnesi come Radames Major e Maurizio Brusadin, 66 anni, entrambi, si occupavano invece del prima e del dopo: dove colpire e come nascondere il denaro.
filone estero
Cinque di loro erano anche colpiti da un mandato di arresto europeo. I militari dell’Arma hanno scoperto che erano sempre loro gli autori di una serie di colpi in Belgio, dove avevano un basista veneto in grado di fornire la dritta giusta per andare a colpo sicuro. Poco prima del colpo si davano appuntamento in zone di campagna e i primi arrivavano in bicicletta, per non dare nell’occhio e, soprattutto, per verificare che nel punto d’incontro fosse tutto a posto.
i colpi
L’autorità giudiziaria contesta nove colpi da marzo a luglio, per un tesoro di 320 mila euro. L’indagine inizia, di fatto, il 10 marzo, con il colpo al Postamat di San Giorgio in Bosco (Padova): 42 mila euro di bottino. Il 7 aprile colpiscono alla Banca Intesa a Egna (Bolzano) e rubano 14 mila euro. Sempre il 7 aprile replica alla Banca Intesa di Arten di Fonzaso: bottino di 65 mila euro. Poi Porto Viro il 21 aprile (140 mila euro), Udine e Pordenone il 7 luglio, Bolzano il 29 luglio con due colpi a distanza di 14 minuti e un bottino di 50 mila euro.
I carabinieri del comandante provinciale di Padova Luigi Manzini e del collega di Treviso Gianfilippo Magro quasi non credevano ai loro occhi quando, scavando con le ruspe, hanno trovato tubi d’acciaio in cui erano state nascoste le mazzette di denaro, alcune ancora macchiate dell’inchiostro antifurto. Oltre 200 mila euro sepolti sotto i campi nomadi. L’unico credo che, nonostante tutto, continuava a tenerli insieme. —
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