De Carli: «Che rivalità con la Feltrese»

Il capitano e quei tre anni magici dal 2011 al 2013. «Periodo indimenticabile, eravamo davvero come una famiglia»

SEREN DEL GRAPPA. Quelle storie da raccontare ai nipotini. E averle vissute in prima persona, specialmente da capitano, è ancora più bello. Paolo De Carli aveva il compito di evitare ogni rischio, lì dietro, volando da un palo all’altro e arrivando spesso con i suoi guantoni a dire di no agli avversari.

A coronamento della straordinaria avventura in maglia Ripa Fenadora, la Coppa alzata davanti a tantissime persone che nel tempo si sono innamorate dei “campagnoli”.

«Sicuramente, per come si sono evolute le nostre vicende, si tratta di anni indimenticabili. È stato tutto bellissimo, ancor di più perché vissuto da un gruppo che era in pratica una famiglia. Chi non ha mai giocato a calcio difficilmente lo può capire. Io tra l’altro avevo già festeggiato la vittoria della Prima con Sandro Tormen in panchina. Poi, con Max Parteli, è diventata abitudine frequentare determinate posizioni di classifica. D’altronde c’era bravura, e dove non arrivava quella ecco la giusta dose di fortuna. Ricorderò sempre, in Promozione, una partita casalinga scorbutica contro una delle ultime in classifica. Vincemmo 1-0 nel finale grazie alla rete di Gheller, forse viziata da un fallo di mano. Gli avversari si fermano, lui no e ci porta in dote tre punti fondamentali. Certi passaggi sono un segnale forte. Insomma, di momenti entusiasmanti ne ho vissuti parecchi, anche dopo: le fasi nazionali dei playoff in Eccellenza, la Coppa Italia, i due anni di serie D».

Gruppo, convinzione, consapevolezza della propria forza. Così si potevano superare pure alcune lacune.

«In effetti forse non eravamo forti tecnicamente come altre formazioni, eppure nacque da subito qualcosa di importante tra di noi con il quale si sopperiva ad eventuali difficoltà».

Anche così l’inverno, sempre pungente nel feltrino, diventava meno un problema.

«Non esistevano certo sintetici come quello di adesso al Boscherai. La situazione spesso era critica, però la società cercava sempre di metterci nelle condizioni migliori. A volte dovevamo giocare su veri e propri lastroni di ghiaccio, e quindi rispetto gli avversari risultavamo avvantaggiati in quanto abituati».

In quei tempi era forte e sentita la rivalità con la Feltrese. Molti giocatori avevano indossato la divisa granata, ma spesso non venivano ritenuti pronti per l’Eccellenza. Così, quando si vinceva «era abbastanza normale passare con i caroselli sotto la sede dei cugini. Molti avevano in qualche modo una forma di rivalsa, per quanto restasse sempre il rispetto specie con i giocatori della Feltrese che conoscevamo».

E pensare che ora Ripa Fenadora e Feltrese sono diventate una cosa sola. Questa però è un’altra storia. (dapo)

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