De Boni sfida la crisi: «Ecco la mia libreria»

SEREN DEL GRAPPA. Silvio De Boni proviene da una famiglia «poverella», fatta di contadini umili, molto legati alla terra natia, alle vacche, alla stalla e alla casa costruita a mani nude. Se prova a immaginare di fare un altro lavoro, non sa dire altro che «il contadino, la mia vera passione». De Boni ha cominciato a stampare per caso, quando uscito dalla scuola con la qualifica di congegnatore meccanico è stato assunto tra le fila della fu tipografia Panfilo Castaldi. «Io sono uno degli ultimi eredi», afferma con orgoglio dal suo ufficio, che si trova nel cuore della stamperia più grande del Feltrino. «Me ne sono andato perché non rientravo più nelle logiche dell'azienda e ho deciso di mettere su una tipografia per conto mio. L'alternativa per me all'epoca sarebbe stata quella di andare all'estero, ma io ho preferito imparare a fare un altro mestiere, accantonando in parte quello che avevo imparato a scuola. Mi sono arrangiato nel garage di mio padre comprando i macchinari che mi servivano».
La sua carriera è cominciata così, stampando «epigrafi, manifesti sportivi e biglietti da visita. Nel 1998 la Castaldi è fallita, altre piccole stamperie stavano crescendo e io nel frattempo mi stavo allargando, grazie soprattutto al passaparola. Così ho deciso di costruire un piccolo capannone adiacente al garage per potermi ampliare e dare respiro alla mia attività». L'attaccamento al territorio, la vicinanza alle persone e in fondo anche la genuinità dello stesso imprenditore hanno permesso alla “Dbs” di espandersi a dismisura, fino ad approdare nel 2000 in zona industriale a Rasai di Seren del Grappa, terra di nascita di De Boni.
Oggi l'azienda conta una trentina di dipendenti, decine di macchinari e un capannone parzialmente occupato, dove trovano casa ben quattro marchi (Tipolitografia Dbs, Occhio, Smaa, Edizioni Dbs Zanetti), che l'anno prossimo si riuniranno sotto l'ombrello “Gruppo Dbs”. E da oggi in via Quattro Sassi si aggiunge anche l'omonima libreria, uno dei tanti sogni messi nel cassetto, coltivati e infine realizzati, una sfida aperta all'ignoranza, alla pigrizia e all'apatia. «Tutti non perdono l'occasione di ricordarmi quanto il settore dell'editoria sia in crisi in Italia. Ma io rispondo sempre che è troppo facile correre nella stessa direzione degli altri. Io voglio correre dalla parte opposta, perché credo che si continuerà a leggere così come si continuerà a scrivere, solo lo faremo in modo diverso. L'importante è lavorare bene, portando sempre rispetto per chi entra dalla porta, senza porsi in posizione di superiorità. Solo così riusciremo a creare un “larin” della cultura, e non un tempio pieno di retorica e privo di contenuti». E De Boni, da imprenditore di successo, sa bene di cosa sta parlando: «Io i libri non li leggo, io li stampo». (f.v.)
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