Dal Cadore al Togo, Alessia Dipol: «Un’occasione per aprire la mente» / FOTO

La sciatrice, da poco maggiorenne, competerà nel gigante a Sochi il 18 febbraio con la bandiera del Togo. E guarda già alle prossime olimpiadi

SAN VITO DI CADORE. Dalle Dolomiti ampezzane alla savana africana per gareggiare con il Togo alle Olimpiadi invernali di Sochi, «perché i sogni non hanno bandiera»: Alessia Dipol, 18 anni appena compiuti, è diventata un fenomeno da studiare anche per i media internazionali, incuriositi dalla sua scelta apparentemente poco patriottica.

«Mi hanno chiamato molti giornalisti stranieri, tutti mi chiedono perché proprio con il Togo», racconta dopo un allenamento a Rosa Khutor, dove sta con tutta la famiglia: il padre Alessio, di Cortina d'Ampezzo, la madre Roberta, veneziana doc, e il fratello Lorenzo, tutti maestri di sci di terzo livello e suoi coach da quando ha messo i primi sci a tre anni. «Fino a dieci mi ha seguito la mamma, poi mio padre e negli ultimi due anni in particolare mio fratello, che è anche il mio skiman», spiega l'aspirante campionessa tutta costruita in famiglia, che competerà nel gigante del 18 febbraio e nello slalom di tre giorni dopo, facendo anche la portabandiera nella cerimonia conclusiva.

«Quella del Togo non è stata una scelta, ma una opportunità creatasi grazie ai contatti di mio padre, che con la sua azienda fornisce abbigliamento sportivo a quel Paese, in particolare alla federazione di sci nata appena due anni fa», confessa. «Come mai non ho pensato all'Italia? Non mi sono posta il problema, io la vedo come una opportunità per realizzare il mio sogno olimpico, ma anche per aprire la mente e creare un'occasione di scambio umano e culturale in un mondo con troppi steccati e spesso razzista, come capita a volte anche in Italia verso le persone di colore», osserva.

«Io - sottolinea -sono fiera e onorata di partecipare per il Togo», Paese dove il monte più alto non raggiunge i mille metri e non esiste quindi tradizione di sci alpino. «Finora ci sono stata solo una volta, ho visitato la capitale Lomè lo scorso anno. Ma ci voglio tornare, lì c'è un clima davvero allegro: quando hanno saputo che mi ero qualificata sono esplosi in festa», dice. «Anche qui al villaggio c'è una bella atmosfera, cosmopolita, aperta e piena di adrenalina: un'esperienza fantastica», assicura la sciatrice, unica rappresentante dello stato africano insieme a Mathilde Petitjean, fondista vissuta da sempre in Francia.

«Il mio obiettivo è divertirmi e godermi l'Olimpiade facendo possibilmente un buon risultato: ho già realizzato il mio sogno ma questo comunque per me è un punto di partenza», prosegue con aria decisa, guardando già ai mondiali Usa di Vail nel 2015 e sperando in quelli del 2019 per i quali la «sua» Cortina si è candidata. Naturalmente pensa anche alla prossima Olimpiade invernale sudcoreana nel 2018, probabilmente «sempre con il Togo». Intanto si gode il suo mito Bode Miller, «il più figo di tutti, un vero matto». E tra una sciata e l'altra studia in vista della maturità al liceo linguistico di Auronzo di Cadore, vicino a San Vito, dove vive con l'inseparabile famiglia: «forse sono l'unica atleta che si è portata i libri di scuola».

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