Cordoni della borsa chiusi per il tetto di San Vittore

/ feltre
Dopo l’anno orribile della pandemia, i fedeli ieri si sono potuti ricongiungere al santuario sul Miesna per la solennità dei santi martiri Vittore e Corona. Un santuario che avrebbe bisogno di un intervento urgente al tetto per un preventivo di spesa davvero consistente. È il cruccio del Rettore, don Sergio Dalla Rosa, che da due anni “fa la conta” dei buchi sul manto di copertura e che si è scontrato, in tempi recenti, con quella che considera una contraddizione: La Basilica è considerato alla stregua di un monumento nazionale», dice. «Ma alla richiesta di poter investire almeno un’annualità dei Fondi dei comuni di confine, mi è stato risposto che il santuario è cosa privata».
CELEBRAZIONE DELLA SPERANZA
Nonostante i limiti posti per evitare assembramenti sia nella basilica che all’esterno (dove non si sono potuti fare i tradizionali pic nic), la partecipazione dei “pellegrini”, contenuta a una cinquantina di persone che hanno partecipato alla messa, officiata dal vescovo Renato e concelebrata dai preti della Forania, ha confermato ancora una volta lo spirito che connota l’evento. E se il vescovo, nella sua omelia, ha invitato la comunità ecclesiale e la comunità di Feltre, citando la seconda lettera di San Pietro, «a rinnovare la speranza insita nel dono della vita», per superare i momenti difficili come la crisi strutturale dovuta alla pandemia, a sentirsi figurativamente come Paolo dopo la delusione patita nella città di Atene è il rettore del Santuario.
L’INCERTEZZA DEI FONDI
Don Sergio Dalla Rosa ce la sta mettendo tutta per recuperare una somma consistente per un intervento di ristrutturazione conservativa della Basilica. A partire dal tetto che imbarca acqua e la cui riparazione, con tutte le prescrizioni del caso, impegnerebbe 120 mila euro. Un preventivo di spesa che, pur con le migliori intenzioni da parte del rettore che a dicembre ha rilanciato una raccolta fondi e dei cittadini che amano il loro santuario, dovrebbe essere coperto da un finanziamento importante.
«Ho chiesto ai sindaci dei comuni di confine del nostro territorio che nella programmazione potesse essere considerato il santuario. Mi è stato risposto di no. Come se questo monumento che è l’emblema della feltrinità, fosse un affare privato. Il sindaco di Feltre mi ha detto che eventualmente se ne sarebbe potuto parlare a fine legislatura, l’anno prossimo prima delle amministrative. Tanto questione privata, poi, non è, se pensiamo che il convento è stato acquistato nel 1700 dalla Repubblica Veneta e venduto a Feltre per centomila fiorini. Dunque, è di proprietà del comune di Feltre. C’è poi una cosa che mi fa riflettere: ci sono Comuni del Feltrino, come Sovramonte e Seren del Grappa, dove si erogano dei contributi per la sistemazione degli edifici religiosi. A Sovramonte ad esempio, si è messa mano ai campanili e ad altri elementi delle chiese per consolidarne la stabilità e la buona conservazione».
Insomma la nuova “Pasqua di resurrezione” di cui ha parlato il vescovo Renato Marangoni nell’omelia, riaccogliendo i fedeli saliti sul Miesna per la solennità ai martiri patroni, potrebbe riguardare anche l’antico santuario dove le centinaia di anni si fanno sentire e ci sono interventi che non si possono più procrastinare. —
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