«Ciccione razzista» all’autista e bestemmie: islamico assolto

FONZASO
«Ciccione razzista» è la frase con cui si è rivolto all’autista dell’autobus. E fino a qui il marocchino Nourddine Er Rabiay era stato quasi una personcina raffinata, ma rimaneva senza un valido biglietto, insieme al cugino Abdelali. Quando l’autista gli ha detto «Maometto, datti una calmata», il giovane venditore porta a porta è esploso in una serie di volgarità e frasi contro la madre altrui e la religione cattolica, da far rabbrividire. Impossibile scriverle. Quando aveva letto il capo d’imputazione, all’udienza filtro, il giudice Coniglio aveva chiesto perdono a Dio per aver deciso di arrivare fino in fondo e ieri, dopo aver assolto l’imputato dal reato di oltraggio a pubblico ufficiale perché il fatto non sussiste, gli ha detto: «Dovrebbe vergognarsi ad aver detto certe cose, perché tutte le religioni vanno rispettate».
Come mai l’assoluzione? Semplice: l’autista non è un pubblico ufficiale, a differenza del controllore. E non aveva alcun titolo per chiedere il biglietto al viaggiatore. Insomma, è stato contestato un reato che non poteva esserci. A processo era stato portato anche Abdelali Er Rabiay, che non aveva detto niente. L’autista pesantemente insultato aveva datola sua versione nell’udienza precedente e ieri ha deposto il collega di un altro autobus, che a distanza di quattro anni e mezzo non ricordava molto, ma ha confermato quello che aveva dichiarato a sommarie informazioni ai carabinieri. Gli insulti c’erano stati e anche un invito della parte offesa a controllare i ragazzi.
Nell’esame dell’imputato, Nourddine Er Rabiay ha meglio precisato quello che è successo il 15 maggio di quattro anni fa. I due stavano cercando di vendere scope e cinture a Fonzaso e non solo non avevano fatto affari, ma il negozio di biglietti era chiuso, sicché avevano deciso di salire senza ticket, sul bus delle 12.30. Sapevano di rischiare una multa, ma l’alternativa era farsela a piedi fino a Feltre. L’autista ha chiesto il titolo di viaggio, ne è stato timbrato uno falso ed è partito uno scambio di opinioni, nel quale il giovane maghrebino è stato davvero razzista, oltre che blasfemo, tra un «italiani di merda» e alcuni riferimenti a sfondo sessuale a Dio e alla Madonna: «Quando l’autista ha nominato il nostro profeta, non ci ho più visto» si è giustificato dalla postazione dei testimoni, sotto il crocifisso.
Il pm Rossi aveva chiesto nove mesi per lui e l’assoluzione per insufficienza di prove per Abdelali, difeso da Schillaci. L’altro difensore Tomatis ha sottolineato il tentativo di condotta riparatoria del giovane, con i vaglia postali che sono stati respinti da parte offesa e Dolomitibus. Quest’ultima è un’azienda privata, ma soprattutto l’autista ha fatto il controllore e non è un pubblico ufficiale. Da qui l’assoluzione: il fatto non sussiste. —
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