Chiggiato, via libera alla tecnologia

CADORE. «Sì, qui da noi si arriva solo a piedi o in mtb, un traguardo da raggiungere facendo fatica, insomma. E c'è tanta gente che dalla montagna cerca proprio questo, non solo fra gli stranieri». Omar Canzan, 39 anni (originario di Domegge), gestisce, insieme alla moglie Barbara Zanvettor di Ospitale (paese dove abitano), il rifugio Dino e Giovanni Chiggiato (a quota 1.911), un balcone sulle Marmarole che offre una visuale splendida. Un rifugio da raggiungere, insomma, e nel quale poi si trovano anche parecchie sorprese, oltre alla bellezza del panorama: da una cucina tipica, ma anche raffinata (tagliatelle ai mirtilli, ad esempio) alla possibilità di pagare con il bancomat. Ma soprattutto la cura dei particolari (basta vedere le fioriere alle finestre) e la passione per un'attività difficile, ma che dà anche soddisfazioni. «Questo è proprio un rifugio», prosegue Omar, «con 48 posti letto in estate, 36 in inverno, posto nell'Alta via n. 5 che unisce Sesto di Pusteria a Pieve di Cadore. Lo abbiamo in gestione da sei anni e il trend è in costante crescita».
Anche questa estate? «Sì, a partire però da metà agosto; prima il caldo eccessivo sembrava aver scoraggiato i turisti, ma poi le cose sono andate meglio. Con gli italiani che hanno rimpiazzato gli stranieri, più numerosi nel 2014 anche perché loro temono assai meno il cattivo tempo, se decidono di partire lo fanno a prescindere dal meteo».
Al rifugio Chiggiato si arriva salendo da Calalzo, parcheggiando in località La Stua e percorrendo, in due ore, il sentiero 261 con una pendenza costante e un tragitto tutto immerso in boschi di faggi ed abeti. Quello che percorse anche Giovanni Paolo II, come testimonia un tabernacolo ben curato che si trova sul sentiero; in alternativa, si può percorrere il sentiero 260, da Praciadelan, più panoramico ma anche più ripido. Il rifugio rimarrà aperto fino a metà ottobre, e poi tutti i fine settimana. Fino a diventare, con l'arrivo della neve, una delle tappe del circuito “Cadore regno delle ciaspe”. E l'idea del pagamento col bancomat da cosa deriva? Sono pochi i rifugi a proporlo. «E' un servizio in più per chi arriva qui: chi fa un giro ampio a volte resta senza contante, qualcuno addirittura prima non si fermava a mangiare perché non aveva con sé i soldi, oppure doveva lasciarci il dovuto in paese, da qualche parte, al suo rientro. Allora mi sono interessato su internet ed ho trovato una società finanziaria con base a Londra che offre questo servizio inappuntabile sul web». Insomma, alta montagna che non disdegna le nuove tecnologie; come dimostra anche il fatto che Omar è stato uno dei primi ad aderire al progetto di rifuginrete.com con il quale Mario Fiorentini (del rifugio Città di Fiume) e Luca Stevanato hanno collegato in un sito web, al momento, ben 540 rifugi. E con loro, Omar ha posizionato sul suo rifugio tre webcam che aggiornano minuto per minuto sui panorami tutto intorno. «Bisogna farsi conoscere, essere presenti e puntuali. Vedo arrivare qui americani e giapponesi, indiani e russi, che si fermano la sera a guardare il tramonto, beati di quello che vedono. Siamo in un paradiso, dobbiamo solo farci conoscere di più».
twitter@vietinas
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi