Causa civile dell’Usl 1 contro il dottor Centofanti

Per l’azienda «le parole dell’ex primario hanno causato un danno all’immagine della sanità locale, veneta e nazionale»

CORTINA. Causa civile dell’Usl 1 Dolomiti contro il dottor Francesco Centofanti per «grave danno di immagine non solo dell’Usl bellunese e dei suoi operatori, ma anche del sistema sanitario regionale e nazionale».

Si preannuncia un’altra gatta da pelare per l’ex primario del Codivilla Putti, assolto la settimana scorsa dall’accusa di omicidio colposo per la morte di una paziente a cui non erastata amputato una gamba.

Al termine della sentenza, il medico aveva commentato con i giornalisti la vicenda, affermando che «non esistono centri specialisti per il trattamento dell’osteomielite in Italia e all’estero», e che «sempre più spesso si amputa invece che curare». Il medico aveva rilasciato anche altre dichiarazioni che non sono piaciute per nulla all’azienda sanitaria. Azienda che, oltre ad aver inviato delle precisazioni che smentivano le dichiarazioni di Centofanti all’indomani dell’uscita dell’articolo, ha deciso di ricorrere alle vie legali, reputandole troppo gravi per l’immagine della sanità pubblica.

Il direttore generale Adriano Rasi Caldogno non ha perso tempo e già lunedì ha incaricato l’avvocato Enrico Gaz, del foro di Venezia, «esperto in questa particolare materia e patrocinatore di altre vertenze con esiti favorevoli per l’azienda bellunese», di difendere gli interessi dell’Usl 1 Dolomiti.

Dal canto suo il dottor Francesco Centofanti, raggiunto al telefono ieri pomeriggio, si dice completamente all’oscuro della decisione della direzione generale. «Non ho ricevuto alcuna notizia in merito, comunque il giorno dopo ho chiesto scusa all’Usl e ai colleghi che si sono sentiti tirati in causa dalle mie dichiarazioni», commenta.

«Non era mia intenzione offendere nessuno», dice dispiaciuto Centofanti che poi racconta: «All’indomani delle mie dichiarazioni, il primario dell’Ortopedia di Belluno mi aveva contattato per dirmi che sarebbe stato meglio scusarsi. E così ho fatto, pensavo che tutto sarebbe finito così. Non volevo denigrare nessuno, forse non è stato recepito quello che volevo dire. Una cosa è certa: non ce l’avevo con i miei colleghi, verso i quali nutro una profonda stima. Riformulo quindi le mie scuse. Più di questo non posso fare». —


 

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