Boschi e tetti colpiti dalle furiose raffiche di “downburst” e vento sciroccale

I due flussi sommati hanno accelerato passando tra le valli. Il previsore Arpav Luciani: «Effetto congiunto disastroso»  

belluno. Non è un uragano, non è una tempesta, ma sono dei fenomeni congiunti che hanno determinato l’effetto catastrofico del vento che si è abbattuto sugli edifici scoperchiando i tetti e sui boschi abbattendo migliaia di alberi. L’Arpav ha ricostruito dal punto di vista meteorologico come si è sviluppato il maltempo senza precedenti che ha avuto il suo apice tra domenica 28 e lunedì 29 ottobre. A spiegarlo è il previsore del centro Arabba Thierry Robert Luciani, che al Centro di coordinamento soccorsi dell’aeroporto di Belluno ha studiato e ristudiato mappe, diagrammi ed evoluzioni delle perturbazioni.

«Per il vento ci sono tre elementi da considerare, che in concomitanza l’uno con l’altro hanno avuto come conseguenza quello che abbiamo potuto vedere sul territorio», dice. In partenza c’è stato un flusso sciroccale molto intenso da sud, sud-est che si è inoltrato attraverso le valli aperte verso sud. A questo si è aggiunto il cosiddetto “downburst”: fredde raffiche di venti “catabatici”, cioè venti discendenti che quando arrivano al suolo partono davanti al fronte temporalesco con una grande violenza.

«Abbiamo avuto il doppio effetto. Vuol dire che questi venti già di per sé molto violenti sono stati rafforzati perché nella stessa direzione c’era il flusso generale sciroccale». Ma non è finita qua: «Oltre allo scirocco che ha rafforzato gli effetti del downburst – prosegue il previsore dell’Arpav – nelle valli abbiamo degli slarghi e delle strettoie per cui si è innescato l’Effetto Venturi (che si verifica là dove l’aria accelera tra una strozzatura e l’altra). Se non ci fosse stato lo scirocco molto intenso, le raffiche catabatiche temporalesche avrebbero senz’altro determinato qualche danno qua e là, ma non su questa scala», commenta. «Avevamo già un vento preliminare di scirocco che andava sui 50-60 chilometri all’ora, poi se andiamo ad aggiungere queste raffiche, è come un aereo di linea che viene portato alla velocità di un jet». Questo il paragone.

«La coincidenza dei due venti che spirano nello stesso senso ha accumulato le velocità», evidenzia Luciani. «I due messi assieme erano già qualcosa di infinitamente violento, prendendo poi le valli aperte a sud dove il vento andava a incanalarsi, abbiamo avuto un risultato disastroso. Dobbiamo mettere tutte e tre le cose insieme».

Per quanto riguarda le piogge, si tratta di un sistema classicamente autunnale. Una profonda saccatura di origine Atlantica posizionata nella vicinanza del golfo di Genova, con forti correnti inizialmente da sud-ovest e poi sciroccali, ha determinato l’apice dell’episodio alluvionale con fenomeni particolarmente intensi. «Questo flusso ha determinato quello che viene chiamato rafforzamento delle piogge per sollevamento forzato sul rilievo», spiega ancora il previsore Luciani. Si chiama effetto “Stau” e consiste in un vento di risalita che si presenta quando una corrente d’aria, nel superare una catena montuosa, perde parte della propria umidità che condensa in precipitazioni.

Questo fenomeno favorisce maggiori accumuli pluviometrici nelle località poste in prossimità delle catene montuose, che vanno man mano diminuendo allontanandosi dai rilievi. «È una situazione abbastanza classica delle grandi piogge autunnali, che osserviamo non tutti gli anni. Qua è stato un evento eccezionale sia per l’intensità del flusso sciroccale, che per l’instabilità potenziale della massa d’aria», aggiunge Luciani. «Avevamo tutti gli ingredienti per poter avere delle piogge di eccezionale intensità ed è quello che si è verificato, perché abbiamo raggiunto 715 millimetri a Soffranco e nella montagna veneta sono stati superati ovunque i 200». —

Raffaele Scottini.

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