Birra Dolomiti, serve produrre più orzo

PEDAVENA. Un'alternativa alla monocultura del mais e una risposta al fabbisogno della fabbrica che intende incrementare la produzione di birra Dolomiti. La coop La Fiorita e il gruppo Castello che amministra lo stabilimento dal 2006 hanno scovato una strada comune per raggiungere entrambi gli obiettivi: stimolare gli agricoltori bellunesi e i possessori di terreni inutilizzati a impegnarsi in questo nuovo progetto di riconversione e incremento della produzione di orzo. Il patto bilaterale equivale a un appello rivolto ai coltivatori della Valbelluna disposti a ruotare i loro terreni ad altre produzioni agrarie o semplicemente a prendere in affitto nuovi appezzamenti per compartecipare alla trasformazione “orzo- birra”, che 8 anni fa ha piantato il germe della birra Dolomiti. Essa infatti è prodotta in parte con orzo bellunese, fatto cuocere in acqua esclusivamente dolomitica, ma la domanda sta aumentando e di conseguenza bisogna darle un'adeguata risposta.
«Al momento gli ettari coltivati a orzo sono circa 50, su un'estensione coltivabile nell'intera provincia pari a 2.800 ettari», precisa Stefano Sanson, consulente agrotecnico della Fiorita, «l'obiettivo sarebbe quello di raddoppiare la produzione ordeicola, il sogno di arrivare a coltivare 500 ettari. La birreria acquista l'orzo a 31 euro al quintale, quando la redditività media è di 18 euro. Ora i quintali prodotti sono 1.000, conferiti da una quindicina di coltivatori bellunesi».
E anche se la produzione provinciale non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno della filiera corta della birra Dolomiti, un aumento di produzione porterebbe sicuramente dei vantaggi, e non solo economici: «Ieri mattina a un convegno ospitato alla Mostra mercato di Santa Giustina, i tecnici di Veneto Agricoltura hanno detto che il problema della diabrotica è diventato preoccupante un po' in tutto il Veneto e che la soluzione non sta nei trattamenti chimici, che contano poco o niente, quanto nelle rotazioni annuali», prosegue il tecnico specializzato, «ovvio che gli agricoltori devono tutelare il loro reddito, ma va anche detto che stiamo andando in direzione di un'imposizione della rotazione agraria da parte degli enti controllori. La politica agricola comunitaria ci ha già avvisati che le rotazioni diventeranno sempre più obbligatorie».
Coltivare orzo vuol dire anche impoverire meno il terreno, come fa invece il granturco, e contrastare il sistema intensivo. «La soluzione a questo problema è creare diversificazioni e accordi di filiera», afferma Sanson. La proposta di sostituire il mais con l'orzo piacerà poco alle decine di produttori e allevatori bellunesi, gli ingranaggi che fanno girare l'industria del latte. La Fiorita sta cercando appezzamenti che siano ampi almeno mezzo ettaro, meccanizzabili e situati all'interno della Valbelluna, disponibili alla semina entro il 20 di ottobre. Chi fosse interessato ad aderire al progetto può contattare la cooperativa allo 0439438448 o a info@cooperativalafiorita.it. (f.v.)
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