Belluno: uccise la moglie, pena ridottadi sei anni per seminfermità mentale

La Corte di assise di appello di Venezia ha ridotto da 16 a 10 anni la pena per Antonio Soccol, l'ingegnere di 52 anni che il 27 maggio 2007 uccise la moglie Miriam Parissenti a coltellate
BELLUNO
. Da 16 anni a 10: la Corte di assise di appello di Venezia ha ridotto di 6 anni la pena per Antonio Soccol, l'ingegnere di 52 anni che il 27 maggio 2007 uccise la moglie Miriam Parissenti a coltellate, nella casa al terzo piano di una palazzina di Cavarzano. La Corte (composta da cinque donne su otto membri: due togate, tre giudici popolari) ha riconosciuto la seminfermità mentale a Soccol, dopo una «battaglia» tra periti.

1Il contraddittorio ieri, in aula tra il perito dell'accusa, Pesavento, quello della difesa, Celletti e i due nominati dalla Corte Ivan Galliani e Patrizia Zavatti dell'università di Modena. La perizia d'ufficio disposta dalla Corte su quella che fu la richiesta della difesa Soccol, l'avvocato Claudia Bettiol, arriva a una conclusione della svolta perchè riconosce la seminfermità dell'uxoricida al momento del fatto: Soccol quando ha accoltellato la moglie, cioè, aveva una scemata capacità di intendere e volere. Di più: dal contraddittorio è emerso che se i periti d'ufficio avessero potuto studiare il caso nell'immediatezza della tragedia, forse sarebbero arrivati a una totale infermità dell'imputato accusato di omicidio volontario. Di avviso diverso il perito dell'accusa che invece concludeva per un atto cosciente dell'uomo.

Già in primo grado si arrivò alla seminfermità ma all'epoca la Corte non considerò le risultanze e condannò Soccol a 16 anni di carcere.

Nonostante queste conclusioni, il pm veneziano ieri ha chiesto la conferma della condanna a 16 anni, non ritenendo Soccol incapace nemmeno parzialmente: se proprio la seminfermità avesse dovuto essere riconosciuta, chiedeva che la pena fosse ridotta al massimo di due anni: dunque da 16 a 14 anni.

La difesa, Claudia Bettiol, ha chiesto invece che fossero applicate le attenuanti dovute alle risultanze delle perizie emerse, e dunque applicato il minimo della pena. Rimarcando la circostanza sottolineata dai periti: se avessero potuto vedere Soccol prima, non escludono che si potesse arrivare a un giudizio di totale incapacità mentale, per una capacità grandemente scemata.

«Lui stesso dice che il fatto è grave» spiega Claudia Bettiol «è evidente che simili casi vanno puniti, vanno puniti quando sono consapevoli ma se questa non c'è bisogna riconoscere quel che la legge prevede. Poi il problema sarà curare una persona. Nessuno dei medici che ha visto Soccol lo ha messo in cura per depressione...La verità è che davanti a questi casi non siamo preparati a prevenire». Soccol era stato al pronto soccorso qualche giorno prima dell'omicidio della moglie: gli avevano diagnosticato astenia e depressione ma non era stato mandato a visita psichiatrica. Questo «delirio di gelosia» come lo definisce il suo difensore «che aveva assunto una forma patologica è poi l'unica cosa che giustifica il fatto altrimenti per quale motivo l'avrebbe uccisa?». Linea difensiva che batte anche sul farmaco che Soccol assumeva in quel periodo: Antabuse per «astinenza dall'alcol e che come effetti collaterali ha forme depressive, spicotiche e deliri. Sono molto soddisfatta di questa setnenza perchè ritengo vada curato chi deve essere curato e che vada applicata la legge. Specie per la figlia credo sia molto meno doloroso sapere che il padre ha ucciso in una situazione di seminfermità piuttosto che doversi portarsi il fardello del padre che ha ucciso la madre». Difesa che probabilmente non impugnerà la sentenza per il riconoscimento della totale infermità, in Cassazione. Lui, Soccol, ha donato tutto e risarcito e dimostrato molta sofferenza durante i colloqui. Dopo tre anni di custodia in carcere, è tornato in cella. A meno che la difesa non chieda gli arresti domiciliari.

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