Belluno, si sgretola una parete del monte Pizzocco
Un costone di roccia della grandezza che sembra paragonabile a un campanile di 200 metri, è crollato dalla cima del monte Pizzocco, sul versante nord-est. Testimoni due escursionisti

SAN GREGORIO.
Come una gigantesca cascata di massi, con un boato più forte del deragliamento di un convoglio ferroviario e una nuvola di polvere volata in cielo, un costone di roccia della grandezza che sembra paragonabile a un campanile di 200 metri, è crollato dalla cima del monte Pizzocco, sul versante nord-est. Sono due escursionisti, che da forcella Intrigos hanno visto franare la montagna proprio sopra di loro, a dare l’idea della portata e la sensazione del distaccamento roccioso.
Era il primo pomeriggio di mercoledì - tra le 14.30 e le 15 - quando ha cominciato a staccarsi un costone di roccia a pochi metri della vetta, sceso per più di mezzo chilometro verso la gola della val Falcina e aprendo una ferita sul Pizzocco che sovrasta il comune di San Gregorio. Quasi uno sfregio ad una delle montagne simbolo del Bellunese e del suo Parco, cuore di quelle Dolomiti diventate sito Unesco patrimonio dell’umanità. Belle e suggestive, ma non industruttibili per la loro roccia calcarea, dura eppure fragile. La notizia ha colto di sorpresa anche i geologi della provincia, tanto che non esiste ancora una stima precisa nè sull’entità del crollo, nè sulla cubatura del materiale slittato lungo il versante nord-est e neppure sulle relative cause. I duemila metri circa di altitudine da cui è partita la frana hanno scongiurato pericoli diretti agli abitati sottostanti, ma d’altra parte mancano ancora i rilevamenti sul posto.
I monitoraggi naturalmente sono in previsione, il corpo forestale dello stato si sta occupando dei rilievi e dopo i sopalluoghi saranno individuate le soluzioni tecniche appropriate. Ancora nessuno degli esperti è in grado di quantificare l’entità dei danni e i tempi delle indagini sul posto si annunciano lunghi e complessi, ma basta il colpo d’occhio del confronto tra la cresta del Pizzocco com’era prima e come si mostra adesso per farsene un’idea. La ferita verticale sotto la cime del monte è grande circa come due campi di calcio e profonda diversi metri.
I motivi del distaccamento possono essere molteplici, ma il più probabile sembra legato ai mutamenti climatici e alla conformazione rocciosa delle Dolomiti, costruite nel corso dei millenni da coralli e alghe secernenti calcio, sino ad assumere l’attuale monumentale imponenza. Nevicate abbondanti, ghiaccio, forti esursioni termiche e temporali sfibrano la forza della “Dolomia” fino a sgretolarla e provocare questi disastri. L’aumento della temperatura globale causa lo scioglimento dello strato di ghiaccio interna alle fratture della roccia (che dovrebbe essere perenne), il collante viene meno e basta poco per uno spaccamento il distacco di blocchi di sassi.
Lo testimoniano anche i crolli simili che si sono verificati sulle Dolomiti negli ultimi anni. Nel 2004 era caduta una guglia del gruppo delle Cinque Torri sopra Cortina: si trattava della torre Trephor, una formazione staccata rispetto alla Quarta Bassa, una delle “dita” più corte del celebre gruppo roccioso, in realtà formato non da cinqua ma da una decina di guglie. Ma si ricorda anche il crollo in val Falcina nel 2007, quando una frana di 60 mila metri cubi a 2699 metri di altezza dimezzò la Cima Uno, una delle vette che compongono la famosissima “Meridiana” nel parco naturale delle Dolomiti di Sesto in val Pusteria. Senza dimenticare il Pomagagnon nella conca ampezzana.
Ora il monte Pizzocco si aggiunge alla lista di fenomeni dettati dalle caratteristiche della dolomia e non mancheranno studi approfonditi da parte dei geologi.
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