Belluno, norme impossibili per bar e ristoranti: «Uno su due non potrà ripartire»

BELLUNO. «Con quattro metri quadri ogni tavolo, un ristorante ogni due è costretto a non riaprire». È perentoria, in questo “de profundis”, Rosanna Roma, del Dolada, responsabile provinciale della Fipe. Giovanni Zubiolo, invece, conduce in città la storica Enoteca Mazzini: «Abbiamo 45 posti, fra l’interno e la terrazza. Con le misure di garanzia di cui sento parlare, dimezzeremo, anzi probabilmente arriveremo a un terzo. All’esterno ci starebbero solo tre tavoli».
Ecco il problema: il distanziamento. È questa la grande paura che sta catturando ristoratori e baristi, fino a schiacciarli nel dubbio se riaprire o no da lunedì prossimo. Luca Dal Poz, direttore di Confcommercio Belluno, è sommerso dalle telefonate di chiarimenti. Gli viene chiesto di tutto, ma confessa che il terrore di chi gestisce un pubblico esercizio è di dover abbandonare il campo anzitempo. La Fase2 continuerà fino al 31 luglio, ma potrebbe essere prorogata.
«Vogliono che si tenga chiuso per evitare ogni pericolo? Pronti a farlo, però che ci paghino. E non con 800 euro o, peggio, con 600», sbotta Zubiolo. «Abbiamo bisogno di chiarezza. Ma non da sabato o peggio domenica prossimi, da subito, perché», spiega il gestore del Mazzini, «dobbiamo decidere che cosa fare quanto personale (non) assumere».
La sua enoteca è un locale di ampia frequentazione, specie giovanile. «Da lunedì i ragazzi, i giovani non potranno più raggiungerci in compagnia, ma da soli, a un metro di distanza l’uno dall’altro».

Ed ecco un altro problema che farà la differenza. Chi controllerà chi? E come? «Dobbiamo assumere un collaboratore solo per verificare che il cliente porti la mascherina e i guanti e che se ne stia a un metro dall’amico o dall’amica?». Gravi incognite, quindi, sulla ripartenza.
Rossana Roma, a Pieve d’Alpago, ammette di sentirsi sufficientemente tranquilla per gli ampi spazi del Dolada. «Siamo fortunati, ma io devo anche pensare alle tante trattorie, ai piccoli ristoranti, ai bar che noi rappresentiamo e che si troveranno nelle condizioni di una sopravvivenza improponibile e inaccettabile».
Con metà commensali, con la speranza che il prossimo Dpcm non li riduca a un terzo, è impossibile pagare le spese fisse. In tanti casi solo il pieno consente di pareggiare spese e entrate. Le tre cameriere di una media trattoria si ridurranno a una, secondo i calcoli della Fipe, semmai a una e mezza, integrando con un’avventizia per il fine settimana. Non possono rappresentare una soluzione i doppi turni, o anche i tripli come succede lassù in montagna, in malghe e rifugi. «La pizzeria potrà farlo, ma con difficoltà, perché tra un cliente e l’altro bisognerà procedere alla sanificazione. Ma proprio tante pizzerie», ammette Roma, «riuscivano a vivere grazie al doppio turno, però solo col pienone».
Per la presidente della Fipe, un problema che non è ancora al centro di una puntuale riflessione è quello della vigilanza. Nelle prime settimane di riapertura, quando, si spera, ci sarà la corsa al ristorante, alla pizzeria, soprattutto al bar, è probabile che la regola del distanziamento salterà quasi sistematicamente. «Ho sentito che tanti colleghi sono terrorizzati delle conseguenze, cioè delle sanzioni in cui potranno incorrere loro stessi e i loro clienti. Quindi sarà indispensabile una puntuale vigilanza».
E una vigilanza che sia ferma e, al tempo stesso, cortese. «Sarà la cameriera alle prese con il servizio ai tavoli a dover fare da vigilessa e a imporre la mascherina o il metro di distanza?» . Mascherina che – ricorda Dal Poz – non serve al tavolo, ma negli spazi comuni, senz’altro all’ingresso, nell’area del bancone, nei servizi. E i separé con il plexiglas? «Assolutamente no», conferma Dal Poz. —
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi