Belluno, la colf spilla 500 mila euro a un anziano

La donna diceva di avere tumori a pancreas, cervello e ovaie e l’ex dirigente le prestava soldi che non ha più rivisto

BELLUNO. Gabriella non era malata. La donna, una bellunese di 57 anni, è tuttora in buona salute. La procura della Repubblica la accusa di truffa aggravata e continuata nei confronti di un anziano, di cui era la collaboratrice domestica. Gabriella Di Giulio ha avuto un prestito documentato di 359 mila euro in bonifici e 100 mila in contanti da Luigi Andreoni, senza restituirgli un centesimo. I soldi le dovevano servire per curarsi dei tumori, a sentire lei: pancreas, ovaie e cervello. Terapie costose e spostamenti anche in elicottero, perché le cure erano urgenti.

Andreoni era nato nel 1935 in Liguria e per una vita aveva lavorato, anche come dirigente, nell’azienda di abbigliamento milanese Facis. Nel 1992 è andato in pensione e ha deciso di spostarsi a Belluno, dove è morto il 23 maggio dell’anno scorso. Aveva una collaboratrice domestica, che «lotta per vivere» ha scritto in una lettera trovata dalla figlia nella cassaforte di casa e letta tra le lacrime ieri mattina nell’aula del tribunale. Per questo, scriveva l’uomo, «è una persona che dobbiamo aiutare».

L’erede diretta, Elena Andreoni, si è costituita parte civile con l’avvocato torinese Michela e ieri ha testimoniato davanti al giudice Cittolin e al pm Tricoli. Presto presenterà una richiesta di risarcimento danni: «Non ho mai vista Gabriella Di Giulio, che si stava occupando di mio padre, perché era sempre a fare delle terapie. Lamentava dei tumori e lui le prestava dei soldi, in maniera che potesse curarsi. Eravamo in buoni rapporti e avevamo un conto corrente cointestato, dal quale sono spariti quasi tutti i soldi. Quando ho deciso di fare delle verifiche, ho trovato due o tremila euro al massimo ed è a questo punto che ho deciso di presentare un esposto».

Luigi Andreoni è descritto come un uomo molto parsimonioso e altrettanto buono, che tutti quei soldi li aveva prestati alla Di Giulio, non certo regalati: «Nella lettera che nel 2001 ho trovato nella sua cassaforte, c’era scritto chiaramente “prestito Gabriella”. In quella stessa cartellina, c’erano anche una cambiale e una polizza vita, con beneficiario mio padre. Un’altra presunta garanzia poteva essere una casa in Abruzzo, della quale era proprietaria la Di Giulio, che è originaria di quelle parti».

Documenti che, secondo il legale sono carta straccia. L’anziano si è fidato della donna che diceva di avere bisogno di quel denaro per cure anche in paesi esteri, oltre che in Italia, senza mai porsi qualche domanda: «Mi ha detto che era tutto documentato, di conseguenza non c’era da preoccuparsi», conclude Elena Andreoni, «nei miei confronti è stato un padre autoritario e severo, caratteristiche queste che sono state utili per la mia vita. A questa colf, che peraltro non viveva con lui, ha dato tutto quello che aveva e, alla fine, la cifra è superiore a quella ufficiale. Parliamo di 500 mila euro».

L’imputata è difesa dall’avvocato bellunese Montino e il suo esame è stato messo in calendario per le 9.15 del 19 giugno. È in quell’occasione che darà la sua versione dei fatti. Seguiranno la discussione, con le richieste delle parti e la sentenza di primo grado.



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