Belluno, diffamazione razzista a un suo superiore: rischia 6 mesi e sospensione dal servizio

BELLUNO. Razzismo nei confronti di un suo superiore. Diffamazione militare aggravata dall’odio razziale è il reato per il quale il sergente maggiore capo Carmelo Lo Manto deve rispondere davanti al Tribunale competente di Verona. Il 45enne, che risulta residente in provincia di Vicenza, è stato denunciato dall’ex capitano del 7° Reggimento Alpini di Belluno, Karim Akalay Bensellam, un 36enne nato a Perugia, padre marocchino e madre italiana.
Secondo la pubblica accusa, dalla fine del 2014 fino a metà del 2017, Bensellam fu offeso quasi ogni giorno dal suo sottoposto alla presenza di altri militari, ma senza poter sentire lui stesso le ingiurie, che gli venivano rivolte pubblicamente, nel cortile della caserma Salsa.
«Sto’ marocchino di m… gliela farò pagare in un modo o nell’altro. Non è degno di stare nell’Esercito italiano. Ha rubato un posto in Accademia a un italiano vero. Pezzo di m... sto’ meschino», sono solo alcune delle frasi che Lo Manto avrebbe rivolto al suo superiore, durante l’alzabandiera mattutino, gli allenamenti e le sedute di addestramento in montagna.
Lo Manto era stato rinviato a giudizio dal Antonio Bonafiglia e i testimoni dell’accusa e della parte civile rappresentata dall’avvocato romano Massimiliano Strampelli hanno sostanzialmente confermato le offese, pur argomentandole in maniera diversa.
Uno di loro ha raccontato che si ripetevano ogni giorno e malgrado la loro quotidianità nessuno ha commentato l’accaduto o ha fatto rapporto ai superiori. Un altro ha accorciato il periodo contestato dalla Procura militare a un solo anno. Infine, il terzo ha parlato di frasi offensive, ma non a sfondo razzista: «È stata Elena Andreola a rompere il muro di omertà, che era stato eretto», spiega Strampelli, «non a caso una donna, che si è dimostrata molto più sensibile, rispetto ai suoi colleghi maschi. Ha detto in aula che, ad esempio durante l’alzabandiera, era consuetudine sentire Lo Manto apostrofare Bensellam. L’uomo non si curava per niente del fatto che erano in molti ad ascoltarlo».
Nell’udienza di ieri mattina, invece, sono stati ascoltati i primi testi della difesa citati dall’avvocato Antonio Vele, lo stesso che di recente si è occupato di un caso di nonnismo nella stessa caserma cittadina, davanti al tribunale di Belluno. Quel procedimento si è concluso con la condanna pronunciata dal giudice Angela Feletto a otto mesi e 10 giorni del sergente Francesco Caredda, del caporal maggiore capo Salvatore Garritano e del caporal maggiore Fabio Siniscalco.
Nel processo in corso al tribunale militare di Verona, ieri i testimoni della difesa non hanno ricordato molto, alcuni addirittura niente di quello che viene contestato: «Una sequenza di non ricordo», sottolinea Strampelli, «tanto da infastidire il Tribunale. Non credo che ci saranno delle successive imputazioni per falsa testimonianza, certo sembra quasi che non sia successo nulla e, a nostro avviso, non è così».
Bensellam comandava la sua compagnia, è un militare operativo e, tra le sue missioni, c’è quella in Afghanistan. Nel frattempo è stato promosso maggiore e adesso si trova ad Aosta.
C’erano per caso dei motivi di astio tra lui e Lo Manto? «Il mio assistito aveva senz’altro richiamato l’imputato per il suo atteggiamento intollerante. Che io sappia, non c’erano altri problemi, al di là delle sue convinzioni personali».
Mentre Lo Manto aveva denunciato il suo superiore per violenza (trauma cranico facciale minore da percosse per cinque giorni di prognosi), ma il procedimento si era concluso con il proscioglimento per la particolare tenuità. L’imputato attuale cosa rischia in caso di condanna, al di là del fatto che il reato militare prevede una reclusione fino a sei mesi? «Ci potrebbe essere anche la sospensione dal servizio», conclude Strampelli, «devo aggiungere che si sono mosse anche le istituzioni religiose per un caso che ritengo molto grave e non sarebbe strano se scattasse anche quella. Ad ogni modo, sono il primo ad aspettare la sentenza».
Il Tribunale scaligero ha rinviato al 7 novembre per gli ultimi testimoni della difesa, la discussione e la sentenza, appunto. –
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