«Basta Shahrazad: le donne arabe devono ribellarsi»

La scrittrice libanese Joumana Haddad durante la presentazione del suo libro
La scrittrice libanese Joumana Haddad durante la presentazione del suo libro
Joumana Haddad a ruota libera sul filo dell'intervista che Mirta Barbonetti le ha rivolto in occasione del primo incontro della rassegna "Transculture 2011", che si è svolto sabato scorso a Belluno. «Ho ucciso Shahrazad. Confessioni di una araba arrabbiata» (edizioni Mondadori), è un libro che Roberto Saviano ha definito una lezione di coraggio. E la prima domanda era proprio rivolta al personaggio principale: chi era Shahrazad e perchè andava uccisa con tanto impeto?  «Shahrazad era la donna che nelle Mille e una notte, aveva deciso di raccontare al sultano ogni sera (il sultano che ogni notte uccideva una nuova moglie) una storia per poter sopravvivere. Il sultano ogni sera durante il racconto si addormentava e aspettava il giorno dopo per conoscere la fine della storia. Negoziando Shahrazad, si è mantenuta in vita. Quello che ha fatto Shahrazad, è stata un'opera di negoziazione con l'uomo che rappresenta l'autorità, per poter avere dei diritti che oggi giorno non devono più essere negoziati. Questo poteva essere valido per il periodo in cui le mille e una notte sono state scritte, adesso non è piu accettabile che la donna debba raccontare una storia per poter sopravvivere all'uomo o a qualsiasi altra autorità e debba negoziare per vedere riconosciuti diritti che le appartengono».  
A chi è rivolto questo libro, solo a noi occidentali?
 «No, in primo luogo è dedicato ai miei concittadini arabi. E' soprattutto uno sforzo di autocritica. Vuole essere un'esortazione alle donne arabe ad alzare la testa. Paradossalmente più l'Occidente fa i conti con il risultato del femminismo più moderno, e si indigna per le umiliazioni a cui le donne arabe sono sottoposte, meno le donne arabe aprono bocca e sempre più le strade del Cairo e di Beirut si riempiono di nuovo di donne avvolte di nero».  
Tu che ti definisci italo-libanese o una libanese dell'Italia, e puoi quindi guardare alla situazione italiana ed europea con maggiore distacco, pensi che abbiamo ancora molte donne Shahrazad da uccidere?
 «Sì, tantissime, io mi sento italiana e mi sento con il cuore di dire che la donna italiana deve dire basta a storie di servilità: portare il velo è una situazione bruttissima, ma è analoga a quella della donna esposta come merce».  
Hai fondato la rivista "Jasad" (il Corpo), l'unica rivista nel mondo arabo che parla dell'erotismo attraverso l'arte e la letteratura. Per questa rivista hai ricevuto anche minacce di morte. Perchè questo titolo, il Corpo, e perchè hai deciso di correre tanti pericoli?  
«Il corpo è l'universo entro il quale il mio linguaggio poetico ha scelto di esprimersi, e al tempo stesso è il mio mezzo di comunicazione. Mi sentivo frustrata perchè alla lingua araba era stata sottratta una parte fondamentale delle sua potenzialità e della sua emancipazione, molti temi legati al corpo sono diventati tabù, in epoca recente. Ho scelto di correre tanti pericoli, perchè questo corrisponde ai miei ideali, alla mia scelta di vita. La rivista è nata come progetto culturale e anche come provocazione, un vero e proprio strumento di ribellione».  
Alla manifestazione "Se non ora quando" che si è svolta a Milano, uno striscione portava la scritta "risvegliamo Lilith", il tuo personaggio
.  «Mi è piaciuto, il grido arrabbiato delle donne italiane, mi ha fatto sentire una italiana del Libano, sogno anche nel mondo arabo una manifestazione così».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi