Baita a l’Arte, da 50 anni gioiello della ristorazione

Ci sono luoghi conosciuti per avvenimenti storici, icone paesaggistiche, personaggi noti. A rendere famosa San Gregorio è sicuramente la sua rinomata locanda Baita a l’Arte. Uno dei gioielli della ristorazione bellunese è in via Belvedere, all’interno di una struttura che nei sogni della famiglia Merlin doveva diventare una locanda, con tanto di camere e ospitalità. Purtroppo i desideri vanno misurati con la realtà e dopo tutti i sacrifici dietro ai fuochi e in mezzo ai tavoli, il traguardo è essere arrivati insieme, oggi, fino a questo punto.
IL MASTER CHEF
Locomotiva del ristorante è Dino Merlin, 71 anni portati con grande energia, nato in Belgio da una famiglia partita dai Casoni (frazione di Sedico) ma cresciuto e sempre rimasto nel Bellunese. «Ho studiato nella prima scuola alberghiera della provincia», racconta maneggiando le foto di un passato scolpito nei ricordi, «prima era a Santa Croce, poi è stata spostata in Nevegal. Passavo tutto il giorno dietro la macchina del caffè, sopra due cassette d’acqua perché non arrivavo alle leve. All’inizio facevo il cameriere», poi è passato in cucina dove ha trascorso il resto della vita. Scherzi del destino.
DUE BAITE A L’ARTE
Nel 1970 il 22enne Dino ha preso in gestione la prima, vera Baita a l’Arte di Michele Cassol, padre di Anna Maria, quella che poco dopo diventerà sua moglie. Il locale originario era stato costruito dal suocero poco distante dal centro del paese con legno, malta e mattoni. «Era una baita a tutti gli effetti. “Arte” perché in feltrino può voler dire qualsiasi cosa e mio papà aveva sempre quel termine in bocca», racconta Anna. «Ci ho lavorato insieme per 3 mesi prima che arrivasse mio marito a rilevarlo. Dopo esserci sposati lo abbiamo gestito fino al 1993, poi nel 94 ci siamo spostati qui». Dino e Anna sono sposati da 46 anni, lui ha 49 anni di esperienza nella ristorazione: «In pratica cent’anni di lavoro!» scherza verso la moglie, che rinfaccia: «Lui soffre spesso di insonnia e la notte sa cosa legge? Libri di cucina».
IL RISTORANTE
Il locale era nato offrendo minestrone, fagioli, polenta e schiz. «Eravamo gli antesignani del chilometro zero», spiega Merlin, «all’inizio facevamo anche spiedi e carne alla griglia, come le fiorentine di Chianina. L’offerta però era stretta, così abbiamo cambiato tipo di cucina ma sempre con prodotti tradizione, rivisitati».
Lo schiz è fatto in casa con il latte del contadino, il pastin pure. Dietro casa ci sono l’orto e le erbe aromatiche, d’estate si raccolgono i fiori con cui guarnire e decorare i piatti: quelli forti sono gli gnocchi di ricotta affumicata (ricetta segreta) e i piatti a base di cacciagione, in particolare il carrè di cervo all’anice stellato. «Acquistiamo materie di prima qualità e ci arrabbiamo se non sono come le vogliamo. Il menù è scritto a mano, una scelta talvolta criticata, anche se a noi ricorda la tradizione».
RICONOSCIMENTI
Il paese di San Gregorio vuole molto bene alla famiglia Merlin, anche se «la gran parte della clientela arriva da fuori»: la pro loco ha premiato di recente i tre “per la cultura e l’alta qualità della ristorazione e dell’arte culinaria”. Da 40 anni la Baita è segnata sulla Guida Michelin, sul Gambero Rosso, su Bibenda, l’Accademia della Cucina e il Touring Club. Ha ricevuto la medaglia d’oro dalla camera di Commercio e l’aquila di diamante dell’Enasco per gli anni di attività.
SODDISFAZIONI
Nel corso del tempo lo stile del locale è cambiato, come anche il menù: «Il più bel complimento che possono farci è sentire di aver mangiato a casa», sottolinea Anna. «Abbiamo cercato di trasformare il ristorante secondo i nostri gusti, ma sempre in modo elegante. Vogliamo avere un bel rapporto con i clienti, al punto da renderlo familiare. Abbiamo i fedelissimi da 46 anni, famiglie di nonni, figli e nipoti che ogni estate vengono in vacanza qui, anche dall’estero, e sono nostri ospiti tutti i giorni».
DAL PASSATO AL FUTURO
L’evento “D’Inverno a Tavola” è nato 29 anni fa in casa Merlin: «Abbiamo ospitato scrittori, pensatori, persone dello spettacolo», aggiunge Anna, «ma non vogliamo menzionarli, perché tutti i nostri ospiti sono importanti». Oggi sulle spalle di Dino grava una grande responsabilità: «C’è chi gli augura di vivere altri cent’anni per far assaggiare le sue specialità ad altre cinque generazioni», ironizza la moglie con dolcezza. «Abbiamo clienti che dopo anni si ricordano dei piatti mangiati qui, la loro fedeltà è per noi la soddisfazione più grande». Sono 15 anni che la Baita a l’Arte non chiude per ferie: «Se lo facciamo è per andare alle fiere: la gente sa tutto da internet, cerca le ricette in diretta. Non possiamo perdere nemmeno un passo». —
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